I ‘Quattordici punti’ del presidente Wilson
Era l’8 gennaio 1918 quando Thomas Woodrow Wilson (Staunton 28.12.1856Washington 3.2.1924), 28º presidente degli Stati Uniti, in un discorso destinato a portarlo al Premio Nobel per la pace nel 1919, presentava davanti al Senato Usa i “Quattordici punti”, in cui annunciava i suoi propositi da realizzare dopo la conclusione della Prima guerra mondiale. Wilson era cosciente di governare un paese protetto dalla vastità di due oceani e perciò restato indenne dalle distruzioni di quel primo grande conflitto mondiale. Un paese che di fronte alla distruzione delle industrie del Vecchio continente poteva avanzare il diritto di essere la prima potenza economica e militare del mondo. Ebbene, si sentì nel potere di delineare i profitti di una guerra di cui già intravedeva la fine e l’ordine che ne sarebbe seguito. Una scelta, quella dei “Quattordici punti”, patriarcale, nel senso che è stata la prima affermazione di potenza internazionale degli Usa e anche necessaria sul fronte interno, per placare quanti lo accusavano di essere un “criminale”, non solo per il suo incitamento alla segregazione razziale, ma anche per il suo cammino verso un imperialismo statunitense. Necessaria per placare le accuse, ma anche per rilanciare la propria immagine in chiave populista sia all’interno sia all’esterno del Paese. Wilson è stato, come ricordano gli storici, “il primo presidente statunitense ad avere un peso importantissimo tra i grandi leader mondiali del momento”. Il primo dei suoi “Quattordici Punti”, ad esempio, enunciava la volontà di “pubblici trattati di pace, stabiliti pubblicamente e dopo i quali non vi siano più intese internazionali particolari di alcun genere, ma solo una diplomazia che proceda sempre francamente e in piena pubblicità”. Il terzo, quindi, prevedeva già il globalismo: “Soppressione, per quanto è possibile, di tutte le barriere economiche ed eguaglianza di trattamento in materia commerciale per tutte le nazioni che consentano alla pace, e si associno per mantenerla”. Il presidente Wilson prendeva dunque in esame i casi di Belgio, Francia, Russia, ancora sottoposti all’esito della guerra, ma nel suo pensiero già risolti. E se non infieriva su Austria e Ungheria, non si dimenticava dell’Italia... In quell’8 gennaio di cento anni fa il mondo scopriva un nuovo padrone e l’Europa capiva che la guerra poteva finire nelle trincee, ma nuovi fronti erano aperti.