Collocamenti coatti: le vittime latitano
Sono poche le vittime di misure coercitive che hanno richiesto il contributo di solidarietà
Sfiducia nei confronti dell’autorità e vergogna: sono due dei motivi alla base della decisione di molte vittime di misure coercitive a scopo assistenziale e di collocamenti extrafamiliari prima del 1981, che stanno rinunciando alle indennità a cui avrebbero diritto. È quanto emerge dalle ricerche effettuate da – o per conto della – Commissione peritale indipendente (Cpi) istituita dal Consiglio federale. Le analisi – effettuate attraverso interviste biografiche – cercano di dare una spiegazione al divario fra le richieste finora presentate per un contributo di solidarietà di 25mila franchi (ad oggi 4’525) e il numero totale delle vittime (stimato tra i 12mila e i 15mila). Stando ai ricercatori, dedurre dal numero di domande che le vittime siano molto meno di quanto ipotizzato è senz’altro errato, si legge in un comunicato diramato ieri dalla stessa Cpi. Contano invece altri fattori: molti sono deceduti o versano in pessime condizioni di salute; altri hanno imparato a stare alla larga dalle autorità per tutelarsi da nuove ingerenze e non vogliono perdere la loro autonomia e indipendenza; altri ancora si vergognano del loro status di vittime e temono una nuova stigmatizzazione; infine vi è chi non vuole effettuare il necessario lavoro di memoria, estremamente gravoso in termini emotivi, e – specialmente se in là con gli anni – desidera solo rimanere in pace. I contributi di solidarietà sono finanziati principalmente dalla Confederazione. I Cantoni e terzi interessati possono partecipare a titolo volontario. Finora hanno deciso in tal senso otto Cantoni – Soletta, Appenzello Interno, Grigioni, Turgovia, Glarona, San Gallo, Obvaldo e Appenzello Esterno – e 20 Comuni. I versamenti – i primi sono già stati approvati – sono previsti da una legge federale elaborata e adottata in tempi brevissimi negli ultimi anni. La normativa riconosce fra l’altro l’ingiustizia subita dalle vittime “che ha condizionato tutta la loro vita”. Al di là di ciò consente lo studio scientifico di questo “capitolo oscuro della storia sociale svizzera”, avevano affermato le autorità. La legge impone anche un termine per la presentazione delle domande: è il 31 marzo 2018. Per i contributi il parlamento ha stanziato 300 milioni di franchi.