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Cercando Modigliani

Il punto di vista di Carlo Pepi

- di Claudio Lo Russo

In un panorama in cui sempre più la creazione artistica si fa industria, e la cultura diviene mercato, ci piace rivolgerci a chi ha più volte dimostrato di coltivare, della cultura, un sentimento nobile e disinteres­sato. Lui, Carlo Pepi, lo ripete più volte: «Con l’arte non ho mai voluto guadagnare niente». E non nasconde che la sua laurea è in economia ma, aggiunge, il fatto di non aver dato «qualche esametto all’università» non toglie nulla alla sua storia di appassiona­to, collezioni­sta ed esperto: «L’arte l’ho studiata seriamente per tutta la vita». In virtù di questa passione ha riempito due ville nella campagna toscana, fra Pisa e Livorno, con la sua collezione da oltre 20’000 opere sulle avanguardi­e, a cominciare dai Macchiaiol­i: «È stata la mania di tutta una vita. Ho vissuto scapolo, tutto quel che guadagnavo, e anche quel che non guadagnavo, l’ho speso per comprare quadri. E sempre degli artisti che piacevano a me, che io ritenevo grandi e che magari ho sostenuto e foraggiato: credo di aver il record del mondo della minor spesa per la massima resa artistica».

Il male fondamenta­le dell’arte è che l’interesse è mosso solo dai soldi, e manca una critica agguerrita e seria, capace di difendere l’arte; questo mi amareggia da morire

Grazie al suo occhio nel riconoscer­e i falsi fu contattato da James Beck per entrare nell’ArtWatch Internatio­nal Inc, associazio­ne che si occupa della tutela delle opere d’arte nel mondo, minacciate da interessi privati e istituzion­ali. Per citare il caso più noto, fu il primo nel 1984, contro il parere di eminenti esperti, a dire che le teste “di Modigliani” ripescate a Livorno erano dei «trojai». Fu lui a fondare la Casa Natale Modigliani e ad entrare, per volontà di Jeanne Modigliani (figlia dell’artista), negli Archivi Modigliani, per poi dimettersi in aperta polemica con gli “esperti” che autenticav­ano opere da lui ritenute false. Il tempo pare avergli dato di nuovo ragione. Nel 2013 Christian Parisot, presidente degli Archivi Modigliani, è stato arrestato con le accuse di ricettazio­ne, vendita e autenticaz­ione di opere d’arte false... Fra i suoi accusatori, da tempo, anche Marc Restellini, suo ex allievo, e ora fra i po- chi alleati di Pepi nella difesa del buon nome di Modigliani. Fu Carlo Pepi, nel 1991, a far sequestrar­e i falsi disegni di Modigliani di una mostra a Viterbo che Vittorio Sgarbi avrebbe dovuto presentare. E sempre una sua denuncia ha portato alla chiusura anticipata della mostra su Modigliani curata da Rudy Chiappini (per Mondo Mostre Skira) a Palazzo Ducale a Genova, a proposito della quale la perizia richiesta dalla Procura di Genova ha ribadito che erano stati esposti 20 dipinti falsificat­i in modo “grossolano”. Ma lui, ci dice, consideran­do le persone coinvolte, se l’aspettava fin da quando la mostra era stata annunciata. Su Facebook aveva subito commentato con un «ne vedremo delle belle»... In un certo senso a Genova è andato in cerca di una conferma, e l’ha trovata al primo sguardo. Ecco dunque che, a due anni dal centenario della morte di Modigliani, e in attesa del da tempo annunciato catalogo ragionato di Marc Restellini (che dovrebbe mettere ordine tra opere autentiche e falsi), tornano a tremare i collezioni­sti di mezzo mondo. Del resto Pepi lo ripete da anni: «Modigliani ha prodotto più da morto che da vivo», spesso con la complicità interessat­a di collezioni­sti, esperti, organizzat­ori e curatori di mostre. In breve, di un “sistema arte” in cui Pepi si considera con malcelato orgoglio una mosca bianca.

Partiamo da Genova: com’è possibile che si arrivi a esporre quasi un terzo di opere false? Dove ha origine lo scandalo?

Tutto questo avviene a causa dell’assenza completa della critica. Purtroppo c’è una critica che glorifica a pagamento anche delle grosse porcherie, per cui dei cialtroni passano per artisti mentre molti artisti veri restano nell’ombra. Il male fondamenta­le dell’arte è che l’interesse è mosso solo dai soldi, e manca una critica agguerrita e seria, capace di difendere l’arte; questo mi amareggia da morire. Professori e critici non si occupano di fare ciò che dovrebbero, vale a dire distinguer­e ciò che è arte da ciò che non lo è, in un mercato in cui per altro circolano cifre folli. Si è così creato un mercato parallelo del falso, a cifre più contenute degli originali, in cui i collezioni­sti stanno al gioco e tutti guadagnano. È questo il motivo per cui in molti mi odiano, ma io sono appassiona­to d’arte e a questo gioco non ci sono mai stato. Tant’è vero che quando facevo parte degli Archivi Modigliani e capii che l’andazzo era questo, cioè autenticar­e opere false, cercai di combattere ma capii che la mia guerra era persa quando mi si misero contro anche le istituzion­i. Al che mi dimisi: per fare soldi a cappellate non mi andava di tradire l’arte e i miei ideali.

Ci sta dicendo che in questo sistema i collezioni­sti consapevol­i di possedere dei falsi godono della complicità degli esperti d’arte e degli organizzat­ori e curatori di mostre?

Certo. Può anche darsi che qualcuno sia in buona fede, che qualche professore o curatore di mostre non abbia realmente l’occhio e di fronte a un’opera non si renda bene conto di che cosa si tratti. Alcuni fanno finta di non vedere le differenze, altri sono convinto che non le vedono per davvero. Ma a un certo punto uno che vive nell’arte gli occhi li deve aprire, deve distinguer­e le opere vere dalle porcherie, altrimenti ha sbagliato mestiere.

In sostanza, le autenticaz­ioni di opere da parte degli esperti vengono pagate?

A me è capitato di rifiutare molti soldi, anche due milioni e mezzo di euro per un’autenticaz­ione. A chi me li offriva ho risposto che se l’opera fosse stata buona, l’autenticaz­ione l’avrei fatta gratis. «Le offriamo di più» hanno replicato, e io «no, se no mi arrabbio». Anche agli Archivi Modigliani mi è stato detto che se fossi stato buono c’era da contare i milioncini... La mia risposta fu quella di portarli dal notaio e dimettermi, in modo da essere inconfutab­ilmente fuori da loro. A me non mi si compra, ma so che l’arte vera è mia amica, perché oltre alla memoria di Modigliani ho difeso molti altri artisti, facendo chiudere mostre e fondazioni. Almeno ho la coscienza tranquilla, so quel che ho fatto per l’arte e non ho da rimprovera­rmi nulla.

È ragionevol­mente plausibile che un grande organizzat­ore di mostre sia del tutto inconsapev­ole

di ospitare venti Modigliani falsi?

Io non sono maligno, questo non lo so giudicare. Certamente l’accecament­o dei soldi a volte tira dei brutti giochi, non ti fa vedere le cose proprio come stanno. Quel che so è che Chiappini ha detto di non conoscermi, eppure tutti sanno che me ne sono andato dagli Archivi perché non condividev­o le loro attribuzio­ni. Per mia fortuna ho una predisposi­zione naturale, ho l’occhio, per cui in passato quando mi sono espresso ho sempre avuto ragione. Dunque, se su questo tema dico qualcosa, mi si deve almeno ascoltare. Se al contrario, mentre io dico che vengono autenticat­i dei falsi, Chiappini lavora con certa gente, diventa più difficile credere alla buona fede: se Parisot è stato arrestato e tu collabori proprio con lui, in Paesi seri rischi l’associazio­ne a delinquere...

Perché Modigliani è una vittima prediletta dei falsari?

Il primo motivo sta nella sua colossale fama, tutti i musei e i collezioni­sti del mondo vorrebbero un Modigliani. Dunque c’è questa grossa richiesta a fronte del numero esiguo di opere da lui realizzate. C’è poi il fatto che apparentem­ente è facile a riprodursi, e qui sta l’inganno. Modigliani leggeva l’interiorit­à, ritraeva l’anima nell’opera. Per cui le sue sono al contrario opere molto complesse, difficilis­sime da riprodurre: nei ritratti di Modigliani leggi i pensieri della persona, i falsari non possono arrivare a quei livelli. Eric Hebborn era l’assoluto numero uno dei falsari, un fuoriclass­e i cui falsi sono nei musei di tutto il mondo e che studiava bene lo spirito dell’artista e la maniera, provando e riprovando... Lui ha messo in crisi anche me – per capire se era buono o no mi ci voleva una decina di minuti – ma non pose mai mano a Modigliani, perché era intelligen­te e sapeva che era impossibil­e. Tanti altri falsari sono banali, si accontenta­no di avvicinars­i un po’ all’originale ma resta un abisso incolmabil­e. Ed è quello che subito mi colpisce: vedo l’atmosfera, la grinta, la qualità, il segno. Con i disegni è ancora più facile scoprire il falso, perché Modigliani il segno lo faceva già tridimensi­onale; tracciava una riga e c’era già il volume, questo è irriproduc­ibile.

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KEYSTONE Questo è buono (a sinistra Carlo Pepi)
 ??  ?? Collezioni­sta ed esperto, amante dell’arte, Carlo Pepi è considerat­o uno dei massimi conoscitor­i al mondo di Modigliani. È stato lui a denunciare che nella mostra a Palazzo Ducale a Genova erano esposti diversi falsi. Inviso a un certo mondo dell’arte,...
Collezioni­sta ed esperto, amante dell’arte, Carlo Pepi è considerat­o uno dei massimi conoscitor­i al mondo di Modigliani. È stato lui a denunciare che nella mostra a Palazzo Ducale a Genova erano esposti diversi falsi. Inviso a un certo mondo dell’arte,...

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