‘Aiuto allo studio sotto attacco’
I ‘sacrifici’ sono stati chiesti a tutti. Alves (Sisa): ‘Ora che i conti sono in pareggio, anziché fare sgravi ai ricchi bisogna tornare a sostenere gli studenti’.
«Siamo sempre all’erta». Dato che «il discorso dominante oggi è quello secondo cui investire nell’istruzione non è più importante». Ecco perché, come spiega Zeno Casella del Sindacato degli studenti e degli apprendisti (Sisa), non si tratta soltanto di riportare l’attenzione sul tema delle borse di studio, bensì di interrogare la politica sulle «priorità» che intende darsi, soprattutto da quando «è stata introdotta un’unica parola d’ordine: risparmiare». «Governo e parlamento hanno appena approvato una riforma che prevede 50 milioni di sgravi fiscali a ricchi e aziende – aggiunge Rudi Alves, ricordando che il sindacato ha appoggiato il referendum nel frattempo riuscito (vedi pagina a fianco) –, mentre negli ultimi anni hanno tagliato 5 milioni di franchi nell’ambito degli aiuti allo studio. Questo perché occorreva che tutti facessero dei sacrifici». Se quei “sacrifici” hanno consentito allo Stato di chiudere gli ultimi conti di nuovo in nero, ora mal si comprende – sostiene il sindacato studentesco – perché il ringraziamento... vada ad altri. Eloquente lo slogan scelto dal Sisa per la campagna lanciata ieri: “Meno regali ai ricchi, più borse agli studenti!”, a corredo della raccolta firme di cui diremo a breve. «Non dimentichiamo che le misure di risparmio inserite nel preventivo 2014 hanno alzato l’ammontare minimo degli assegni da 1’000 a 1’500 franchi – esemplifica Casella –, tagliando fuori dai beneficiari delle borse di studio numerose famiglie del ceto medio». Per il Sisa è dunque tempo di fare dietrofront. Lo chiede formalmente al Gran Consiglio con una petizione che consegnerà alla fine di marzo, in concomitanza con la settimana sull’educazione che si svolgerà nel resto della Svizzera. Settimana in cui verrà posto l’accento sulla questione dell’aumento delle rette universitarie. «Con la consegna della petizione al parlamento cantonale daremo una dimensione regionale al tema del diritto allo studio – spiega ancora Casella –, considerato lo smantellamento degli aiuti attuato negli ultimi anni». Detto dei cinque milioni risparmiati dal Cantone, va aggiunto che le richieste accolte sono diminuite del 40% a seguito delle modifiche legislative introdotte. «Ci sentiamo quindi legittimati a parlare di attacco all’aiuto allo studio».
Cinque richieste
La petizione avanza cinque richieste precise. Le prime due propongono un ritocco dell’ammontare dell’assegno: sia quello minimo (tornare a quota 1’000 franchi, com’era prima del 2014) che massimo (da 16’000 a 20’000 l’anno). Il terzo punto, quello centrale, chiede di “rivalutare il metodo di calcolo riformato negli scorsi anni, per reintegrare quelle famiglie del ceto medio che sono state escluse dalla concessione di un aiuto allo studio”. Quarta richiesta: abrogare la possibilità di trasformare in prestiti un terzo delle borse di studio per master e, più in generale – e veniamo al quinto punto –, riorientare l’intero sistema del prestito, “da concedere solo per integrare (non per sostituire) una borsa di studio e da restituire senza il conteggio di un interesse”. Il credito da restituire allo Stato è uno strumento che il Sisa ritiene «pericoloso», perché porta lo studente a indebitarsi quando le condizioni del mercato del lavoro non sono sufficientemente rosee da garantirgli la possibilità di restituire comodamente il dovuto, una volta staccato il diploma. Il destinatario delle richieste, come detto, è il legislativo cantonale, artefice delle modifiche contestate. L’auspicio del Sisa è di poter contare sull’appoggio dei movimenti giovanili dei partiti, oltre a quello delle associazioni magistrali.