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Cinque anni a corriere d’eroina

Il 28enne condannato ieri alle Assise criminali di Lugano importò dieci chili di droga in Svizzera La pericolosa sostanza è stata introdotta l’anno scorso, in tre viaggi con meta San Gallo. A Muzzano il fermo casuale, seguito da un’immediata confession­e.

- Di Dino Stevanovic

«È tutto pacifico», dall’ammissione dei reati alla collaboraz­ione con le autorità. Accusa e difesa concordi: il caso trattato ieri alle Assise criminali di Lugano ha dato pochi spiragli d’interpreta­zione. Il 28enne alla sbarra ha importato in Svizzera circa dieci chili di eroina durante tre viaggi. La Corte presieduta dal giudice Marco Villa – e composta anche da una giuria popolare – lo ha condannato a cinque anni di detenzione. Sei mesi meno di quelli proposti dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli e un anno in più rispetto all’ipotesi del legale d’ufficio Andrea Rotanzi. Il reato d’infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacen­ti si è compiuto l’anno scorso, tra marzo e giugno. Il giovane – un albanese residente in Italia – ha trasportat­o la droga in tre occasioni: cinque chili una prima volta a marzo, guidando l’automobile fornitagli da un connaziona­le, un grammo di prova durante il secondo viaggio a maggio e di nuovo cinque chili circa al terzo in giugno. La spedizione di prova si è resa necessaria, pare, perché l’eroina consegnata a marzo, non essendo di buona qualità, avrebbe scontentat­o gli acquirenti. Tutte le missioni avevano come meta San Gallo e il compenso per il 28enne era quantifica­to in 3’000 euro a consegna. Soldi, di fatto ricevuti un’unica volta (la prima), dato che il secondo è stato un test e al terzo tentativo l’uomo è stato fermato a Muzzano in seguito a un controllo del tutto casuale. Nel corso del secondo e del terzo viaggio la droga è stata nascosta in un ricettacol­o appositame­nte creato per celarla, posto sotto l’auto guidata. Quest’ultima appartenev­a al padre e un aspetto che colpisce della vicenda è che l’imputato si è sempre fatto accompagna­re da suoi cari – tutti estranei ai fatti –: da entrambi i genitori la prima volta, solo dal papà la seconda e dalla fidanzata la terza. La ragazza è stata infatti anche fermata e interrogat­a il giorno dell’arresto del 28enne e immediatam­ente rilasciata data la sua innocenza e la piena assunzione di responsabi­lità del compagno.

Minacce all’origine del crimine?

In aula il giovane si è scusato dell’accaduto, si è detto pentito, aggiungend­o – fra qualche lacrima –: «Sto soffrendo molto, non ricadrò più in questo». Un riferiment­o anche ai suoi trascorsi: ex consumator­e di cocaina, in Italia ha già subito una condanna per deposito e cessione della polvere bianca. E proprio questi precedenti guai potrebbero essere all’origine dei suoi crimini successivi. Le autorità italiane gli sequestrar­ono all’epoca dei

fatti oltre 300 grammi di cocaina: quantitati­vi importanti, quantifica­bili in circa 25’000 euro. Questi soldi gli sarebbero stati richiesti dalla banda di connaziona­li che gestiva il narcotraff­ico e l’imputato – che aveva sì un lavoro, ma umile e poco pagato – sarebbe rientrato nel giro per poter saldare questo ‘debito’ e ripararsi

dalle minacce che stava cominciand­o a ricevere in maniera sempre più marcata. Di queste intimidazi­oni tuttavia non ci sono tracce scritte, pertanto la Corte si è basata unicamente sulle prove agli atti per stabilire la giusta pena. E quest’ultima comprende anche l’espulsione dalla Svizzera: Borelli ha chiesto e ottenuto il massimo, ossia quindici anni. Una richiesta a cui l’imputato e la difesa non si sono d’altronde neppure opposti non avendo qui il 28enne alcun tipo di legame. Al termine del procedimen­to è stato ricondotto in carcere – dove si trova già da oltre sette mesi – per portare a termine l’espiazione della pena.

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TI-PRESS La purezza media dello stupefacen­te si aggirava attorno al 42%

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