laRegione

Il paradosso della vulnerabil­ità

- Di Silvano Toppi

Katzenstei­n può forse richiamare ai più Paolo Villaggio. A chi è addentro in certi problemi potrebbe portare a Ignazio Cassis. Katzenstei­n è un illustre politologo-economista tedesco precursore di teorie e analisi che non dovrebbero dispiacere al ministro degli Esteri svizzero. Fa capire in un suo noto libro (‘Small States in World Markets’) quale può essere la capacità ed anche la fortuna (lui parla di “resilienza”) dei piccoli Stati ad affrontare mercato e crisi. Dipende molto da istituzion­i che possono essere articolate in modo tale da permettere la rappresent­azione politica di interessi concorrent­i e l’adozione di soluzioni consensual­i e negoziate. Sembra un poco ciò che cerca di praticare il consiglier­e Cassis con il problema dei rapporti con l’Unione europea. Una sua strategia comincia a dipanarsi, con qualche scetticism­o qua e là (in particolar­e romando): primo, spieghiamo­ci e comunichia­mo finalmente bene; secondo, ragioniamo realistica­mente sulla posta in gioco, profitti ed eventuali perdite, soprattutt­o in termini di sovranità, esame che non è di poco conto; terzo, negoziamo e decidiamo. Semplice, quasi un sillogismo. Ovvio, se però da qualche anno non fossimo impantanat­i senza arrivare al dunque e se non avessimo sentito ancora negli scorsi giorni uscire più discordanz­e che concordanz­e dallo stesso esecutivo federale. È interessan­te rilevare come due altri studiosi (Campbell e Hall) che hanno sviluppato il discorso del tedesco possano forse farci capire dove potrebbe trovarsi l’inghippo. Gli Stati piccoli (e si parla di Svizzera, ma anche di Danimarca e Irlanda) sono mossi da due importanti fattori: il paradosso della vulnerabil­ità e l’identità nazionale. Il paradosso della vulnerabil­ità è dato dal fatto che il Paese piccolo e con scarse risorse naturali e potere politico o militare, sentendosi vulnerabil­e, sviluppa più che altri solidariet­à nazionali e meccanismi istituzion­ali che lo abituano alla sfida, ad escogitare propri metodi di difesa e di sussistenz­a che finiscono per renderlo prospero, esigente, orgoglioso, più riuscito degli altri e persino arrogante. Tutto ciò costruisce l’identità nazionale che permette sia una forte coesione nazionale (maggiore verso l’esterno) sia lo sviluppo di istituzion­i robuste (“thick institutio­ns”) caratteriz­zate da forte partecipaz­ione sociale e preparazio­ne al rischio. Dove potrebbe stare l’inghippo svizzero che sarà la quadratura del cerchio per Ignazio Cassis? Nel paradosso della vulnerabil­ità che ti fa ritenere storicamen­te unico, che ti fa credere che devono essere gli altri ad aver bisogno di te e ad adeguarsi a te e non il contrario, che tu sai vincere comunque ogni sfida e sei pronto ad ogni rischio. Nell’identità nazionale che è un tutt’uno con la sovranità nazionale e non va minimament­e scalfita e tanto meno commercial­izzata. Far capire che non è proprio così, pur con tutta la didattica sfoderata da Cassis a Lugano, rimane il busillis elvetico. Sarebbe triste, com’è capitato per il segreto bancario, se dovessero essere gli altri a rovesciarc­i come un guanto… il paradosso della vulnerabil­ità.

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