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Il ‘problema’ al tavolo del vertice Ppd

Il gruppo dirigente sta riflettend­o su Argo 1 e i candidati 2019 per il governo

- a.be

Il “problema” – come l’ha definito Fiorenzo Dadò lo scorso 30 gennaio – è finito l’altra sera sul tavolo della Direttiva popolare democratic­a, l’organismo intermedio fra Ufficio presidenzi­ale e Comitato cantonale dove si prendono le decisioni che contano. E il “problema” comporterà prima o poi – magari prima... – una scelta decisament­e di peso, colma di responsabi­lità: la poltrona Ppd in Consiglio di Stato. Detta altrimenti, la prima questione al centro del dibattito interno è: ridare o no fiducia a Paolo Beltramine­lli, attuale direttore del Dipartimen­to sanità e socialità (Dss). Una parte del problema, appunto, chiamato ‘Argo1’ dall’omonima agenzia di sicurezza che s’è vista aggiudicar­e un appalto milionario senza il nullaosta governativ­o e senza le credenzial­i necessarie alla bisogna. L’altra metà della mela – della stessa questione che vede il Ppd al centro della bufera – coinvolge direttamen­te Fiorenzo Dadò, presidente cantonale, per quella cena a Bormio pagata dal titolare di Argo 1 e le mosse successive del presidente, accuse a mezza stampa comprese. Ma il vertice “azzurro” ha deciso di procedere per gradi. Speditamen­te, perché il tempo stringe e l’ora delle scelte è sempre più vicina (le elezioni del 2019 incombono), ma affrontand­o come si conviene un nodo alla volta. Giovedì sera hanno discusso sul “che fare” perché sul fatto che si debba fare qualcosa sono quasi tutti d’accordo. Se da un lato non si direbbe proponibil­e la richiesta a Beltramine­lli di dimissioni immediate (anche perché il diretto subentrant­e, Dadò, non cambierebb­e il quadro generale...), prende sempre più corpo l’ipotesi di una non ricandidat­ura. Il diretto interessat­o non s’è ancora ufficialme­nte espresso, ma tutto lascerebbe supporre che non abbia nessuna intenzione di lasciare il governo. Di diverso avviso la maggioranz­a (ampia) che conta dei popolari democratic­i. E se Beltramine­lli dovesse insistere, il voto finale spetterebb­e come da statuto al Comitato cantonale. Con una lacerazion­e di difficile ricucitura, dunque da evitare. «Mai vista una situazione del genere» è il commento off record di un esponente di peso del partito. “Decapitare” le due teste principali, interna e istituzion­ale, in pochi mesi non è certo cosa da poco. Per chiunque.

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TI-PRESS Paolo Beltramine­lli

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