Una quarantina di cause civili
Le azioni legali in Ticino di correntisti italiani contro Credit Suisse dopo il blitz di Milano anti-evasori Lamentano la comunicazione tardiva di falle informatiche e la non custodia di dati sensibili
Alcune sono imminenti, le altre sono pendenti presso le Preture di Lugano e di Mendrisio. Sono una quarantina le cause civili intentate da clienti italiani nei confronti del Credit Suisse. I correntisti lamentano la responsabilità della banca, accusata di tardiva informazione sulle falle informatiche, nonché di non aver custodito dati sensibili, coperti dal segreto bancario come l’elenco di 13’150 conti correnti delle filiali di Lugano e di Chiasso pervenuti a Milano, dalla sede di Zurigo, in tre occasioni, a seguito di errori informatici. Insomma, come ricostruito da ‘laRegione’, nessun nuovo caso Falciani. I fatti sono quelli di cui si è venuti a conoscenza nel febbraio di due anni fa: la scoperta da parte del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano nella sede centrale del Credit Suisse di una serie di anomalie, che riguardavano una lista di ricchissimi clienti italiani. Forte il sospetto di un fiume di denaro all’estero. Le Fiamme Gialle denunciano il tutto al procuratore aggiunto Francesco Greco (attuale capo della Procura milanese) che nel dicembre 2014 dispone un blitz a sorpresa, studiato nei minimi particolari: diverse decine di finanzieri che quando lasciano gli uffici chiave del Credit Suisse hanno con sé numerosi faldoni, tra cui un documento mai visto prima: una specie di libro nero con 13’150 conti correnti presso le filiali di Lugano e di Chiasso, per oltre 14 miliardi di euro. Nelle mani degli investigatori anche una sorta di ‘manuale del perfetto evasore-riciclatore’, per addestrare i funzionari di banca attivi in Italia. La regola base, contenuta nel manuale del Credit Suisse, è di “non avere con sé alcun documento riferibile alla banca”, neppure un biglietto da visita. Il viaggio in Italia? “Per turismo o shopping o la visita ad un amico...”. Poi, però, è stato lo stesso colosso bancario a far arrivare la lista con 13’150 conti correnti. Per le Fiamme Gialle identificare i titolari di 3’297 posizioni è stato un gioco da ragazzi. Più complicato identificare i titolari delle altre 9’953 posizioni finanziarie, per un ammontare di 6 miliardi e 676 milioni di euro. I finanzieri milanesi, avvalendosi dei nuovi canali di cooperazione internazionale tra Italia e Svizzera, hanno richiesto alle “Autorità fiscali elvetiche informazioni in ordine ai titolari dei rapporti finanziari esteri emersi nel corso delle indagini di polizia giudiziaria svolte dal Nucleo di polizia tributaria di Milano nei confronti del Gruppo Credit Suisse” (è quanto recitava una nota del luglio dello scorso anno). Una raffica di rogatorie che, per quanto è dato sapere, non avrebbero ancora avuto seguito. Il mancato riscontro alle rogatorie sembra infastidire il procuratore Greco. «Comprendo il disappunto del magistrato milanese: solo che il fisco federale svizzero è oberato di lavoro: nel 2016 sono pervenute rogatorie da Francia, Spagna, Olanda e altri Paesi europei riguardanti circa 67mila contribuenti stranieri – spiega l’avvocato ed ex procuratore pubblico Paolo Bernasconi –. Lo scorso anno le domande di assistenza fiscale riguardavano oltre 40mila contribuenti esteri, fra cui quelle italiane per l’inchiesta sulla lista del Credit Suisse». Per il Dipartimento reati finanziari internazionali, guidato dal procuratore aggiunto milanese Fabio De Pasquale, i 14 miliardi di euro dagli oltre 13mila clienti italiani sarebbero stati nascosti anche attraverso migliaia di intestazioni fittizie di polizze, chiamate ‘Life Portfolio International’, vendute da Credit Suisse Life&Pension, sia dalla casa madre in Liechtenstein, che dalla filiale di Hamilton, capitale delle Bermude. Una mezza dozzina di clienti del colosso bancario svizzero nel giugno di due anni fa hanno presentato denuncia penale al Ministero pubblico di Lugano, una quarantina si sono rivolti alle Preture civili di Lugano e di Mendrisio, chiedendo un risarcimento danni, avendo dovuto pagare all’Agenzia delle entrate delle salatissime multe, comprese fra 300mila e i 2
Pratiche in Pretura e al Ministero pubblico
milioni di euro. Chi ha inoltrato denuncia lamenta il fatto di non essere stato avvisato che la banca era stata perquisita e di non essere stato avvertito della possibilità di ricorrere alla voluntary disclosure. Inoltre, accusa il Credit Suisse di gravi negligenze, le stesse che hanno dato il la all’inchiesta. Prima fra tutte il libro nero con le 13’150 posizioni finanziarie.
A indagare sul Credit Suisse Ag è la pp Raffaella Rigamonti, per spionaggio economico, violazione dell’obbligo di discrezione e del segreto commerciale. A questo punto non resta da dire che agli inquirenti milanesi sembra incredibile che degli evasori fiscali incolpino per “mancato favoreggiamento” la banca svizzera.