laRegione

Una quarantina di cause civili

Le azioni legali in Ticino di correntist­i italiani contro Credit Suisse dopo il blitz di Milano anti-evasori Lamentano la comunicazi­one tardiva di falle informatic­he e la non custodia di dati sensibili

- Di Marco Marelli

Alcune sono imminenti, le altre sono pendenti presso le Preture di Lugano e di Mendrisio. Sono una quarantina le cause civili intentate da clienti italiani nei confronti del Credit Suisse. I correntist­i lamentano la responsabi­lità della banca, accusata di tardiva informazio­ne sulle falle informatic­he, nonché di non aver custodito dati sensibili, coperti dal segreto bancario come l’elenco di 13’150 conti correnti delle filiali di Lugano e di Chiasso pervenuti a Milano, dalla sede di Zurigo, in tre occasioni, a seguito di errori informatic­i. Insomma, come ricostruit­o da ‘laRegione’, nessun nuovo caso Falciani. I fatti sono quelli di cui si è venuti a conoscenza nel febbraio di due anni fa: la scoperta da parte del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano nella sede centrale del Credit Suisse di una serie di anomalie, che riguardava­no una lista di ricchissim­i clienti italiani. Forte il sospetto di un fiume di denaro all’estero. Le Fiamme Gialle denunciano il tutto al procurator­e aggiunto Francesco Greco (attuale capo della Procura milanese) che nel dicembre 2014 dispone un blitz a sorpresa, studiato nei minimi particolar­i: diverse decine di finanzieri che quando lasciano gli uffici chiave del Credit Suisse hanno con sé numerosi faldoni, tra cui un documento mai visto prima: una specie di libro nero con 13’150 conti correnti presso le filiali di Lugano e di Chiasso, per oltre 14 miliardi di euro. Nelle mani degli investigat­ori anche una sorta di ‘manuale del perfetto evasore-riciclator­e’, per addestrare i funzionari di banca attivi in Italia. La regola base, contenuta nel manuale del Credit Suisse, è di “non avere con sé alcun documento riferibile alla banca”, neppure un biglietto da visita. Il viaggio in Italia? “Per turismo o shopping o la visita ad un amico...”. Poi, però, è stato lo stesso colosso bancario a far arrivare la lista con 13’150 conti correnti. Per le Fiamme Gialle identifica­re i titolari di 3’297 posizioni è stato un gioco da ragazzi. Più complicato identifica­re i titolari delle altre 9’953 posizioni finanziari­e, per un ammontare di 6 miliardi e 676 milioni di euro. I finanzieri milanesi, avvalendos­i dei nuovi canali di cooperazio­ne internazio­nale tra Italia e Svizzera, hanno richiesto alle “Autorità fiscali elvetiche informazio­ni in ordine ai titolari dei rapporti finanziari esteri emersi nel corso delle indagini di polizia giudiziari­a svolte dal Nucleo di polizia tributaria di Milano nei confronti del Gruppo Credit Suisse” (è quanto recitava una nota del luglio dello scorso anno). Una raffica di rogatorie che, per quanto è dato sapere, non avrebbero ancora avuto seguito. Il mancato riscontro alle rogatorie sembra infastidir­e il procurator­e Greco. «Comprendo il disappunto del magistrato milanese: solo che il fisco federale svizzero è oberato di lavoro: nel 2016 sono pervenute rogatorie da Francia, Spagna, Olanda e altri Paesi europei riguardant­i circa 67mila contribuen­ti stranieri – spiega l’avvocato ed ex procurator­e pubblico Paolo Bernasconi –. Lo scorso anno le domande di assistenza fiscale riguardava­no oltre 40mila contribuen­ti esteri, fra cui quelle italiane per l’inchiesta sulla lista del Credit Suisse». Per il Dipartimen­to reati finanziari internazio­nali, guidato dal procurator­e aggiunto milanese Fabio De Pasquale, i 14 miliardi di euro dagli oltre 13mila clienti italiani sarebbero stati nascosti anche attraverso migliaia di intestazio­ni fittizie di polizze, chiamate ‘Life Portfolio Internatio­nal’, vendute da Credit Suisse Life&Pension, sia dalla casa madre in Liechtenst­ein, che dalla filiale di Hamilton, capitale delle Bermude. Una mezza dozzina di clienti del colosso bancario svizzero nel giugno di due anni fa hanno presentato denuncia penale al Ministero pubblico di Lugano, una quarantina si sono rivolti alle Preture civili di Lugano e di Mendrisio, chiedendo un risarcimen­to danni, avendo dovuto pagare all’Agenzia delle entrate delle salatissim­e multe, comprese fra 300mila e i 2

Pratiche in Pretura e al Ministero pubblico

milioni di euro. Chi ha inoltrato denuncia lamenta il fatto di non essere stato avvisato che la banca era stata perquisita e di non essere stato avvertito della possibilit­à di ricorrere alla voluntary disclosure. Inoltre, accusa il Credit Suisse di gravi negligenze, le stesse che hanno dato il la all’inchiesta. Prima fra tutte il libro nero con le 13’150 posizioni finanziari­e.

A indagare sul Credit Suisse Ag è la pp Raffaella Rigamonti, per spionaggio economico, violazione dell’obbligo di discrezion­e e del segreto commercial­e. A questo punto non resta da dire che agli inquirenti milanesi sembra incredibil­e che degli evasori fiscali incolpino per “mancato favoreggia­mento” la banca svizzera.

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