Schulz paga per tutti
Berlino – Martin Schulz è il primo a pagare il proprio “successo”. Il non più presidente socialdemocratico tedesco ha annunciato ieri di rinunciare al Ministero degli esteri che, sia pure informalmente, gli era stato assegnato nell’ambito degli accordi con la Cdu/Csu per dar vita a una nuova Grosse Koalition. “Poiché ritengo a rischio il voto della base – ha scritto Schulz in un messaggio – dichiaro la mia rinuncia all’ingresso nel governo, e spero davvero che il dibattito sulle nomine finisca”. Per l’ex presidente del parlamento europeo si è trattato del secondo passo indietro in 48 ore: già mercoledì sera, firmata l’intesa di coalizione con Angela Merkel, aveva annunciato il passaggio della presidenza del partito ad Andrea Nahles, per prendere la guida degli Esteri. Ma se già una cospicua parte dei militanti riteneva un tradimento l’accordo con Merkel, su Schulz erano cadute anche le parole del compagno di partito Sigmar Gabriel che ambiva alla stessa poltrona e lo ha accusato di aver tradito la parola data. Se dunque Schulz ha ritenuto di avere salvato il partito dall’irrilevanza, “strappando” a Cdu/Csu importanti concessioni in tema d’Europa, finanze e immigrazione, lo ha fatto a proprie spese. D’altra parte, sembra pagare anche la disillusione giunta con le legislative di dicembre: la sua “stella” (che tale era apparsa quando conquistò la guida del partito) era stata oscurata dal misero 17% di consensi ottenuti. Il voltafaccia sulla collaborazione con Merkel (dapprima esclusa, poi quasi cercata) ha fatto il resto. Tanto che per molti analisti la rinuncia al ministero è in sostanza la fine (irreparabile) della sua carriera politica.