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Disoccupaz­ione, stabilità a gennaio

Tasso fermo al 3,3% a livello nazionale. In Ticino è al 3,8% ma in calo rispetto al 2017.

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Berna – Il tasso di disoccupaz­ione si è attestato al 3,3% in Svizzera nel mese di gennaio, invariato rispetto a dicembre, ma in flessione di 0,4 punti su base annua. In Ticino la quota dei senza lavoro è del 3,8%, nei Grigioni dell’1,8%. Stando ai dati diffusi dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco) alla fine di gennaio 149’161 disoccupat­i erano iscritti presso gli uffici regionali di collocamen­to (Urc), 2’507 in più di 31 giorni prima. Nel confronto su dodici mesi vi è stato un calo di 15’305 unità. In Ticino i senza lavoro erano 6’431: 271 in più di dicembre e 326 in meno di gennaio 2017, con un tasso rispettiva­mente in aumento di 0,1 punti e in ribasso di 0,2 punti. Come noto dal giugno 2016 la Seco calcola i tassi di disoccupaz­ione con un nuovo metodo, ciò che ha migliorato sensibilme­nte il quadro offerto dal Ticino, che ora appare avere un mercato del lavoro migliore di diversi cantoni – come Zurigo (3,6% in gennaio) – cui in passato è sempre stato secondo. Quote di senza lavoro più elevate che a Sud delle Alpi si registrano – oltre che a Zurigo – a Neuchâtel (5,6%), Ginevra (5,3%), Vaud (4,7%), Vallese (4,7%), Giura (4,6%) e Basilea Città (3,8%); mentre i tassi più contenuti sono osservati in Obvaldo (0,9%), Uri (1,1%), Nidvaldo (1,2%), Appenzello Interno (1,3%) e Appenzello Esterno (1,7%). Tornando ai dati nazionali, va rilevato come il tasso del 3,3% in dicembre e gennaio sia il più elevato da aprile. A titolo di confronto gli ultimi tassi annuali sono 3% (2014), 3,2% (2015), 3,3% (2016) e 3,2% (2017). Fra i giovani la disoccupaz­ione in gennaio era del 3% (nessuna variazione mensile, -0,6 annuo); i disoccupat­i di 1524 anni erano 16’545. Tra i lavoratori ultra 50enni il tasso è del 3% (+0,1 mensile, 0,1 punti annuo) e il fenomeno interessa 39’977 persone. Leggendo i dati in base alla nazionalit­à, gli svizzeri presentano una quota di senza lavoro del 2,3%, gli stranieri del 6,2%. Fra questi ultimi le differenze sono notevoli: fermo restando che nessuna comunità può vantare valori inferiori a quelli relativi ai cittadini elvetici, lo scarto è ancora ridotto per tedeschi (3,6%), ma si fa già più consistent­e per gli italiani (5,7%) e i francesi (6,2%). Dati a due cifre vengono registrati per ungheresi (10%), polacchi (10,1%), slovacchi (10,8%), kosovari (11,1%), africani (11,2%) – che la Seco presenta nel loro insieme – e bulgari (14,4%). ATS/RED

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