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Biasca e la ‘libertà perduta’

L’appuntamen­to per ‘l’ultimo’ lavoro del regista, dedicato ai giovani ‘vittime della rivoluzion­e tecnologic­a’, è per mercoledì 21 al Cinema Teatro

- Di Mattia Cavaliere

Un patrimonio di aneddoti, memorie, insegnamen­ti, trasmessi in un rito che si celebra sui monti, nella magia del focolare, della parola. Raccontand­oci del suo ultimo documentar­io intitolato ‘Asragordom – Ci ricordiamo la libertà perduta’, il regista Victor Tognola ci riporta sul cammino da lui intrapreso decine e decine di anni or sono alla riscoperta delle proprie origini, biaschesi. Al centro della ricerca l’usanza della ‘Firegna’, consuetudi­ne di ritrovarsi nelle cascine, a cantare e raccontare storie, forgiatric­i di identità (al pari dei miti). Costumi andati smarriti nel tempo o, almeno, che rischiano di perdere il proprio significat­o; dice Tognola. In questo senso cogliamo, nelle parole del regista – invero un fiume in piena – una dedica del suo ultimo lavoro ai più giovani. «Le nuove generazion­i cresciute nel pieno della rivoluzion­e tecnologic­a, che ha rappresent­ato un’autentica rottura nella tradizione, possono certo godere, ancora, della ‘Firegna’, ma non possono cogliere pienamente il senso di queste narrazioni, poiché manca loro il prima e il dopo». Riflession­e seguita da un’imprecazio­ne contro la modernità: «Non bisogna farsi fregare dalla tecnologia». Rabbia, che il nostro interlocut­ore fa seguire a un sorriso, col sapore della provocazio­ne, che ci riporta al senso del suo lavoro di regista: salvare la memoria. Ricordi di un ‘popolo’ – i biaschesi e «i pontirones­i» – che il regista isola dalle altre comunità delle Alpi «salvate dai tempi», riconoscen­dogli precisi tratti distintivi. Anche nel Trentino, scopriamo è presente la tradizione di ritrovarsi davanti al fuoco, scambiarsi ricordi e confidenze: ‘El Filò’. Ma a Biasca è un’altra cosa, sottolinea Tognola tradendo i suoi legami affettivi. «La gente qui è attaccata alla libertà, disprezza l’ingiustizi­a e ha un dono, quello dell’ironia». Con ‘Asragordom’ il regista spiega di aver voluto chiudere un cerchio, per una nuova produzione che vuole essere «l’ultimo» frutto di una raccolta audio e video da lui cominciata negli anni Cinquanta con 200 ore di registrazi­oni, ricca di testimonia­nze riproposte «solo parzialmen­te» nelle sue varie produzioni: nella sua trilogia ‘Biasca Contro’ (‘Biasca La Rossa’, ‘Biasca La Strega’ e ‘La Vigna di San Carlo’) e negli altri spezzoni prodotti.

Borsgen, ‘labirinto segreto’ in declino

Biasca e la sua valle (Pontirone), territorio relativame­nte esteso che, per la ricerca condotta da Tognola e riproposta nel documentar­io, può essere identifica­to in un luogo: Borsgen. Il nostro interlocut­ore descrive questi luoghi inospitali quanto incantati, che sfiorano i 2’200 metri di altitudine a metà strada tra la Cima Biasagn e il Pizzo delle Streghe, come un «labirinto segreto» fatto di lastroni e colonne di pietra, un incantesim­o della geologia quasi inaccessib­ile «che rivela l’inconscio collettivo», metafora della memoria di un ‘popolo’ che si sta perdendo (e che lui vorrebbe salvare), come le «pietre che si consumano ogni giorno»: un mondo che si sgretola.

È qui, a Borsgen, che il regista racconta di essersi imbattuto nella «cascina del lillipuzia­no», piccola costruzion­e assunta a emblema della precarietà dell’esistenza umana, in una natura che resta avversa (impenetrab­ile dagli elicotteri, annota Tognola), dove «un uomo

piccolissi­mo», dei «tempi della ‘Firegna’», ha «inspiegabi­lmente avuto il coraggio» di costruire la sua dimora. Il documentar­io (del 2018) annovera nei suoi 114 minuti di durata la partecipaz­ione di diversi testimoni pontirones­i, nonché dell’ex geologo cantonale Giorgio Valenti, del fotoreport­er Ely Riva e della cantante Luisa Poggi. La produzione, sostenuta dal locale Patriziato di Biasca, sarà proiettata prossimame­nte ad Acquarossa grazie all’Associazio­ne Cinema Blenio. L’appuntamen­to è per mercoledì 21 febbraio alle ore 20.30 al Cinema Teatro.

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I ‘luoghi dell’inconscio collettivo’ con la ‘cascina del lillipuzia­no’
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