La Svizzera non è un paradiso fiscale
La Svizzera è davvero il primo paradiso fiscale mondiale, così come indicato nello studio dell’associazione Tax Justice Network (Tjn) pubblicato alla fine dello scorso mese di gennaio? a dire il vero, i risultati dello studio sono, a parere di chi scrive, a dir poco fuorvianti e mettono – a torto – in cattiva luce una nazione che dal 2009 ha compiuto enormi progressi sia per quanto concerne la trasparenza fiscale sia in ambito di riciclaggio di denaro. attualmente la Svizzera, in tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate, ha ripreso o è intenzionata a riprendere l’art. 26 del modello ocse in materia di scambio di informazioni su domanda. inoltre, dal 1° gennaio 2017, è entrata in vigore la Convenzione multilaterale sull’assistenza amministrativa (cd. Convenzione di Strasburgo) che consente alla Confederazione di scambiare le informazioni oltre che su domanda anche automaticamente e spontaneamente. a questi, si aggiunge l’accordo con l’Ue, anch’esso entrato in vigore il 1° gennaio 2017, che stabilisce uno scambio su domanda e automatico tra la Svizzera e gli Stati membri Ue. Con gli Stati Uniti d’america è, invece, in vigore da qualche anno l’accordo Fatca per lo scambio di informazioni fiscali. in ambito di riciclaggio di denaro, invece, la Svizzera ha recepito, a decorrere dal 1° luglio 2016, le raccomandazioni del gafi che impongono, tra l’altro, l’identificazione obbligatoria dell’avente diritto economico di una relazione finanziaria. Da questa panoramica degli accordi pattuiti dalla Svizzera con la Comunità internazionale si delinea un quadro diverso da quello dipinto dal Tjn, ovvero che il segreto bancario svizzero, così come lo abbiamo conosciuto, non esiste più per i cittadini esteri. gli Stati che hanno pattuito degli accordi in materia di trasparenza fiscale con la Svizzera – che come vedremo sono numerosi – oltre a ricevere in forma automatica, a partire dal mese di settembre di quest’anno, le informazioni bancarie, potranno avanzare delle richieste di assistenza amministrativa per ottenere qualsiasi informazione (non solo di natura finanziaria), a patto che non si tratti di una fishing expedition e che sia quindi rispettato il requisito della verosimile rilevanza delle informazioni ricercate. Lo studio della Tjn ha posizionato la Svizzera al primo posto del globo, quale Stato più opaco da un profilo finanziario, attraverso il calcolo di due indici: da un lato, la trasparenza fiscale (che considera elementi quali, ad esempio, lo scambio automatico di informazioni, l’esistenza di un registro dei beneficiari di una società ecc.) e dall’altro, la grandezza del settore finanziario. Combinando questi due indici, secondo la Tjn, si dovrebbe ottenere l’impatto mondiale di un Paese in materia di opacità finanziaria. Se consideriamo il primo indice, la Svizzera si colloca al 24° posto. ai primi posti troviamo piccoli centri finanziari quali Vanuatu, antigua e Barbuda e Bahamas. Se però consideriamo anche il secondo indice, visto il transito del 4,5% dei flussi finanziari internazionali in Svizzera, quest’ultima passa in testa alla classifica. Uno dei rimproveri rivolti contro la Svizzera è il fatto di aver aderito in modo solo graduale, e a due velocità, allo scambio automatico di informazioni: rapido e integrale nei confronti degli Stati occidentali (Paesi dell’Ue e del g20) ed invece esitante nei confronti degli Stati emergenti. La Tjn identifica questo comportamento con il nome di “approccio zebra”: “soldi bianchi e puliti per i Paesi ricchi e potenti, denaro sporco e nero per i Paesi vulnerabili e in via di sviluppo”. Questo rimprovero però non tiene conto, a parere di chi scrive, dei recenti sviluppi accorsi. a contare dal 2017, i Paesi che scambiano le informazioni automaticamente con la Svizzera sono 38 (di cui 28 sono Stati membri dell’Ue), mentre dal 2018 se ne sono aggiunti altri 41 (!). Tra questi vi rientrano Paesi del g20 (come argentina, Brasile, Cina e russia), membri dell’ocse (come Cile e israele), importanti partner economici della Confederazione quali Liechtenstein ed Emirati arabi Uniti, altri Stati europei (tra i quali andorra e San Marino) e piazze finanziarie come Costa rica, isole Cayman e Uruguay. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2018 gli istituti finanziari svizzeri stanno raccogliendo informazioni relative ai conti di ulteriori 41 Stati partner che saranno poi scambiate per la prima volta nell’autunno del 2019. insomma, affermare che la Svizzera adotti uno scambio automatico di informazioni a due velocità è del tutto infondato, considerando soprattutto il fatto che dal 2018 gli Stati partner son ben 79, in soli due anni di negoziati. occorre anche rilevare che, ad eccezione dell’Ue, gli accordi sono stati pattuiti singolarmente con ogni Stato e non multilateralmente, nonché approvati in seguito dall’assemblea federale. in altre parole, un processo politico e democratico non proprio immediato, ma che ha comunque permesso di raggiungere la soglia di quasi 80 Stati partner in materia di scambio automatico di informazioni. Diverso, va rilevato, è però il discorso interno, dove il segreto bancario continua ad essere opponibile nei confronti del fisco per i contribuenti svizzeri, fatti salvi i casi di frode fiscale. Ma questo non è stato oggetto dello studio della Tjn.