‘Perché pagare se noi giovani non guardiamo la tv?’
Nella platea, nonostante la concomitanza dei Carnevali, qualche giovane c’era, ma per tutelarsi e portare il loro punto di vista al dibattito, gli organizzatori avevano raccolto, in video, alcune loro domande, forse un po’ rudi ma tutt’altro che banali. A iniziare dalla prima: “Perché pagare la televisione quando i giovani d’oggi la usano sempre di meno?”. «Occorre distinguere l’apparecchio dai contenuti audiovisivi» è stata la risposta di Marchand. Il problema non è quindi il come, il canale di distribuzione: che sia il servizio televisivo tradizionale, lo streaming oppure un domani un chip che si collega direttamente al cervello – ha affermato il direttore della Ssr cedendo per un attimo alla fantascienza –, «quello che conta è chi ha realizzato quei contenuti». Poi, certo, la distinzione tra mezzo e contenuto è in realtà sfumata, dal momento che l’uno influenza l’altro «e per mantenere il contatto con i giovani occorre lavorare sui codici narrativi, proponendo i nostri contenuti in quello che è il loro linguaggio». E qui Marchand ha citato Nouvo, brevi filmati sottotitolati – ideali per essere condivisi sui social network e visti su dispositivi mobili – su temi di attualità. Proponendo contenuti come questi – e rendendo riconoscibile che provengono dal servizio pubblico – è per il direttore della Ssr il modo migliore di rispondere a questa domanda. Tutto questo significa fare più cose per i canali digitali «e il quadro normativo è molto complicato: possiamo proporre alcune cose su internet, quello che possiamo fare è molto ben delimitato» ha precisato Marchand.
Il mio mondo che cambia
Altra domanda quasi filosofica: “Che ruolo può avere la Ssr nella vita di un giovane visto che il mondo sta cambiando?”. «Accompagnare questo cambiamento: non scrivere il mondo, ma descriverlo, raccontando quello che succede nel mondo». La rivoluzione digitale, per il servizio pubblico, è insomma una duplice sfida: da una parte affrontarla, dall’altra spiegarla.