Una sfida ‘diplomatica’
Partita dalla portata storica per la Nazionale femminile di hockey, che questo pomeriggio sfida la Corea ‘unificata’
Proibito sbagliare. Steccare la prima, per la Nazionale femminile di hockey, equivarrebbe a praticamente azzerare le speranze di superare la prima fase del torneo. Le pupille di Daniela Diaz sono condannate a vincere. Nonostante tutto, e soprattutto nonostante nel loro match inaugurale, questo pomeriggio, si troveranno di fronte la Corea, selezione che riunisce giocatrici nord e sudcoreane, e che dunque potrà contare sul fervido sostegno del pubblico votato alla causa degli asiatici. Da Sochi, quattro anni fa, la Svizzera era tornata a casa con la medaglia di bronzo: un terzo posto dal sapore di successo considerato che davanti alle rossocrociate c’erano unicamente le superpotenze Canada e Stati Uniti. Quattro anni dopo però lo scenario è diverso per le elvetiche. Stavolta la qualifica ai quarti è tutt’altro che scontata. Andrà conquistata piazzandosi a uno dei primi due posti del girone completato da Corea, Giappone e Svezia. Chi la spunterà avrà il diritto di contendere a Russia o Finlandia l’accesso al penultimo atto, considerando che Stati Uniti e Canada, le altre due formazioni del gruppo A, sono inavvicinabili per chiunque. «Dobbiamo fare un passo alla volta: il nostro primo obiettivo è la qualifica ai quarti di finale; possiamo farcela, ma per riuscirci dovremo vincere le nostre partite», sottolinea in modo schietto Florence Schelling, portiere della selezione che comprende pure la ticinese Nicole Bullo e la poschiavina Evelina Raselli.
Inglese ‘off limits’
Qualunque sarà il suo esito sportivo, la partita odierna fra Svizzera e Corea farà sicuramente parlare a lungo di sé. Perché la selezione di Sarah Murray è composta da giocatrici provenienti tanto dalla Corea del Sud quanto da quella del Nord. Plasmata a tempo di record, considerando che solo a metà gennaio l’allenatrice era stata informata di questa unione di forze. «Questa decisione, per me, è stata il peggior scenario che potessi immaginarmi – commenta l’ex giocatrice delle Ladies bianconere –. Mi sono ritrovata con una selezione composta da gente che non parlava nemmeno la stessa lingua. Impossibile anche usare l’inglese, perché bandito dal vocabolario delle nordcoreane. E per un allenatore di hockey già questo non è evidente... Ma dopo una settimana di collaborazione reciproca, ho visto importanti progressi. Tutte si sono applicate. Al punto che la Corea, in un test pre-olimpico, ha rimediato una onorevole sconfitta contro la Svezia, uscendo battuta solo per 3-1».