laRegione

‘Cerchiamo di controllar­e il più possibile’

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Sembra dura a morire la moda di aprire scuole private che si definiscon­o universita­rie ma che, per sventura di docenti e studenti iscritti, di universita­rio non hanno niente. A partire dal riconoscim­ento. «Venerdì abbiamo diffuso un comunicato nel quale sono state ribadite le cinque università riconosciu­te dal Canton Ticino – spiega contattata dalla ‘Regione’ Raffaella Castagnola-Rossini, direttrice della Divisione cultura – ed è stato fatto apposta per chiarire la situazione». E fare una sorta di prevenzion­e, che va di pari passo con il continuo controllo della situazione. «A livello federale è tutto monitorato, perché chi vuole fare il furbetto passa da un Cantone all’altro (come i responsabi­li dell’Ipus trasferiti­si a Disentis creando un’altra struttura ex novo, la Unipolisi, ndr). Quindi la comunicazi­one, garantita da incontri che io e i miei omologhi degli altri Cantoni teniamo mensilment­e, è fondamenta­le». E quando emerge qualcosa? «A volte riusciamo, tramite qualche segnalazio­ne, a scoprire che alcuni istituti possono avere ragioni sociali simili a quelle delle scuole protagonis­te dei casi recentemen­te emersi – spiega Castagnola-Rossini – e noi in genere li convochiam­o per sapere cosa intendano fare di preciso. Poi, chiaro, possiamo agire solo quando ne abbiamo legalmente gli strumenti». J.SC

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