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‘Se non ora, quando?’

Oggi è il gran giorno per la Nazionale, ma pure per Eric Blum. ‘L’esclusione da Sochi mi ha portato a lavorare più su me stesso’.

- Di Sascha Fey/red

Gangneung – A Stoccolma 2013, quando la Nazionale di Sean Simpson si mise al collo un argento che la Svizzera attendeva da quasi ottant’anni (cioè dal secondo posto ai Mondiali di Davos del 1935), sul ghiaccio c’era anche Eric Blum. E cinque anni dopo, in un gruppo ora diretto da Patrick Fischer, il difensore del Berna – uno dei sette reduci della storica campagna di Svezia – è sempre al suo posto. I Mondiali, però, sono una cosa, i Giochi invece un’altra. «Ed erano sulla mia lista delle cose da fare», dice il trentunenn­e nato nel canton Lucerna. Specie dopo che, quattro anni prima a Sochi, si era visto tagliare dalla selezione in extremis, addirittur­a dopo la cerimonia d’apertura. «Quell’esclusione all’ultimo momento mi ha spinto a lavorare ancor più su me stesso – dice Blum, ripensando a quei momenti –. So bene che la carriera di un atleta è breve, ma la mia ambizione è grande e voglio arrivare il più in là possibile. La convocazio­ne? Nella vita impari che nulla è scontato. E poi in Svizzera ci sono davvero un sacco di ottimi giocatori».

La Svizzera ai Giochi non ha mai avuto chance di medaglia tanto concrete. ‘Vogliamo raggiunger­e qualcosa di grande’.

Ora che quel traguardo l’ha centrato, però, Blum non si accontenta sempliceme­nte di esserci. Anche se l’ambiente del Villaggio olimpico è senz’altro contagioso, e per molti sportivi si tratta di un’occasione imperdibil­e per fare conoscenza con le stelle di altri sport. «Ma io non sono mica un ‘groupie’: se sono venuto qui è esclusivam­ente per concentrar­mi su ciò che devo fare» dice schietto, aggiungend­o però di capire se altri non vedono la cosa allo stesso modo. Blum ha le idee chiare pure su ciò che s’aspetta dalla spedizione olimpica coreana. Anche se Fischer deve fare a meno degli svizzeri che giocano in Nhl, l’assenza delle stelle del campionato nordameric­ano fa sì che per i rossocroci­ati le possibilit­à di finire sul podio olimpico non sono mai

state tanto concrete. «Se non ora, quando? – aggiunge –. Sebbene già in passato scendessim­o in pista con l’attitudine di voler vincere ogni partita, sapevamo che per riuscirvi contro le grandi squadre avremmo avuto bisogno di una prestazion­e assolutame­nte perfetta. E stavolta affrontere­mo la situazione con una convinzion­e ancor maggiore, perché vogliamo raggiunger­e qualcosa di grande». A differenza di altre nazioni, la Svizzera arriva in Corea con un gruppo consolidat­o, visto che di quei 25 giocatori ben 17 erano in pista l’anno scorso ai Mondiali in

Francia. «Se è un vantaggio? Non lo so. È vero, si può vederla in quel modo, anche perché ci conosciamo bene e andiamo tutti d’accordo, ma l’unica cosa che conta sono le prestazion­i che saremo in grado di proporre». In un appuntamen­to che per uno come Blum, che tradisce origini asiatiche (infatti è nato da padre svizzero e da madre giapponese), avrà un significat­o ancor più particolar­e. «Parte della mia famiglia con radici giapponesi avrà per la prima volta la possibilit­à di vedermi giocare dal vivo. E io ne sono estremamen­te soddisfatt­o».

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KEYSTONE I ‘selfie’ e le amicizie da Villaggio olimpico non contagiano il difensore bernese: ‘Non sono mica un groupie’

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