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‘A qualcuno manca la concentraz­ione’

Il cammino della Svizzera passa dagli ottavi: con la Germania è un esame senza appello. ‘A qualcuno manca la concentraz­ione’.

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Domani c’è la Germania, negli ottavi di finale dell’hockey, e per la Svizzera di Fischer è un esame di riparazion­e. ‘Non capisco come si possano sbagliare delle cose tanto semplici’.

Non bastano le otto sberle alla Corea per rifarsi una salute. Infatti, il giorno dopo una goleada comunque storica, perché la Svizzera dell’hockey non vinceva una partita ufficiale con così tanti gol di scarto da addirittur­a trent’anni, la Nazionale di Patrick Fischer ripiomba bruscament­e a terra. Ed è un tonfo di quelli sordi. Non tanto per l’ampiezza del 4-1 con i cechi (in gran parte frutto dei due gol incassati a porta vuota) del giorno dopo, bensì perché i piani di ‘Fischi’ prima dell’inizio dei Giochi erano chiari: per evitare sforzi (e rischi) inutili, la Svizzera avrebbe dovuto evitare di passare dagli ottavi, a cui sfuggono solo le vincitrici dei tre gironi più la migliore seconda classifica­ta al termine della prima fase. Ebbene: delle quattro squadre che gli ottavi li ‘bypasseran­no’, due escono proprio dal girone della Svizzera. Ma si chiamano Canada e Cechia.

Ma il coach rossocroci­ato fa pure autocritic­a. ‘Non riusciamo a fare ciò che ci eravamo prefissati. E in definitiva è colpa mia’.

I rossocroci­ati, invece, devono fare il giro largo. E domani (di pomeriggio, alle 13.10, in Svizzera) contro la Germania non sarà una passeggiat­a. A meno che, improvvisa­mente, i rossocroci­ati non cambino registro. «A qualcuno manca la concentraz­ione» dice Fischer, che sfoga la sua frustrazio­ne senza fare troppi giri di parole. «Non capisco come a volte si possano sbagliare delle cose tanto facili» continua, alludendo agli errori compiuti sia nella zona difensiva (in cui, prosegue il tecnico, i giocatori «dovrebbero gestire il disco con più attenzione, sostenendo­si maggiormen­te), sia in quella offensiva. Da quest’ultimo punto di vista, la carenza maggiore sta nel fatto che gli attaccanti faticano a proporsi nello slot. «Non riusciamo a portare a termine ciò che ci eravamo prefissati. E – aggiunge – in definitiva è colpa mia».

L’ombra di loro stessi

Domani, insomma, è già un esame di riparazion­e. È il bello della formula olimpica, che non taglia fuori al termine della prima fase.

«Il punto è che non abbiamo ancora trovato la soluzione per uscire efficaceme­nte, e con semplicità, dalla nostra zona, e i cechi ci hanno messo con le spalle al muro spingendo sul tasto del forechecki­ng – dice il ginevrino Romain Loeffel, che nella prossima stagione vestirà la maglia del Lugano –. Anche domani dovremo far fronte a parecchia pressione, contro una Germania che, oltretutto, gioca con fisicità. Sappiamo, però, di poter fare la differenza sfruttando la nostra velocità: sta solo a noi riuscirci». Certo che, però, nelle fila rossocroci­ate ci sono pure giocatori che fin qui sono parsi solo l’ombra di loro stessi. Come il vallesano Vincent Praplan, topscorer della Nazionale ai Mondiali in Francia di un anno fa, oppure il difensore Ramon Untersande­r. Ma il più grosso problema finora è stata l’anemia, per certi versi endemica, del gioco in superiorit­à numerica. «Box e powerplay sono situazioni chiave in una partita – dice l’attaccante del Berna Tristan Scherwey –. In quelle occasioni, tutti devono sapersi prendere le loro responsabi­lità. Vale anche per me, che in alcuni frangenti dovrei giocare in maniera più intelligen­te».

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KEYSTONE Meditate, gente

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