Ma il Consiglio sindacale interregionale: ‘È tutta propaganda politica’
«Io vorrei capire una volta per tutte cosa voglia dire ‘Prima i nostri’». Sergio Aureli, sindacalista di Unia e vicepresidente del Consiglio sindacale interregionale (Csir) – sindacato italo-svizzero che tutela interessi e diritti dei frontalieri –, è tutto tranne che convinto della bontà dell’iniziativa democentrista. «Per noi dire ‘Prima i nostri’ significa dare ai nostri, appunto, uno stipendio che permetta di vivere decorosamente in Canton Ticino. Il resto è tutta propaganda politica». Anche perché, continua Aureli, «non bisogna mai dimenticare come il rilascio del permesso di lavoro è subordinato al timbro del datore di lavoro. Questo attacco continuo ai frontalieri è pretestuoso, il problema è chi li assume». E come si può affrontare quindi il problema? «Se si vuole veramente far qualcosa per risolvere la questione, sempre più grave, della sostituzione della manodopera residente bisogna agire attraverso l’istituzione di salari minimi e contratti collettivi nelle professioni, perché solo in questo modo la concorrenza può essere data esclusivamente dalla qualità della manodopera e non dall’opportunità di pagarla meno». Davanti a queste proposte, però, c’è stata «solo chiusura». Ma per Aureli è tutta qui la questione, e difatti lo afferma nettamente: «L’unico motivo per il quale, a parità di curriculum, viene assunto un lavoratore frontaliere è lucrare sullo stipendio, massimizzando i profitti attraverso la possibilità di pagare meno i dipendenti». Anche riguardo alla questione dei salari minimi istituiti dal Consiglio di Stato, che hanno scontentato sindacati, sinistra e Verdi perché troppo bassi, il vicepresidente del Csir ribadisce come «la preferenza indigena non è subordinata al ‘‘devi assumere un residente’’. Questo noi lo diamo per scontato, è ovvio. Il problema è che a questo residente devi dare un salario degno. Sennò certo che l’imprenditoria se ne approfitta». E ciò, per Aureli, accade anche perché «davanti alle nostre proposte concrete ci sono aree politiche che preferiscono attaccare i frontalieri senza chinarsi davvero sul problema, quello dei salari. Col cappotto da politico si vestono da difensori dei residenti, con il cappotto da imprenditore si comportano all’esatto contrario. Ci vuole più coerenza».