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Quando il caso fa le cose per bene

Oro nello slopstyle, Hoefflin è in Nazionale da meno di tre anni. Gremaud (argento) ha rischiato di non partire.

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Vincere una medaglia d’oro o una d’argento alle Olimpiadi affidandos­i soltanto al caso è praticamen­te impossibil­e. Occorre sì un pizzico di fortuna, ma ci vogliono soprattutt­o classe, talento e sangue freddo. Eppure, se mai il caso ci ha messo lo zampino, lo ha fatto per regalare a Sarah Hoefflin e Mathilde Gremaud due medaglie dalla genesi del tutto particolar­e. Sì, perché la prima doppietta elvetica al femminile da Sarejevo 1984 (Figini-Walliser in discesa) deve molto a quelle “sliding doors” rese famose dal film del 1998 con Gwyneth Paltrow: da una parte la neocampion­essa ginevrina che ha iniziato a praticare attivament­e lo slopestyle soltanto da poco più di due anni, dall’altra la friborghes­e, reduce dalla rottura dei legamenti nello scorso aprile, tornata in pista proprio a Pyeongchan­g e la cui presenza alla gara è stata ufficializ­zata soltanto un paio d’ore prima del via. Alla fine, le due elvetiche si sono mostrate di gran lunga le migliori, sia a livello tecnico (con quel switch double Cork che ha permesso alla Hoefflin di scavalcare la connaziona­le), sia a livello mentale con run perfette che non sono mai riuscite alle loro avversarie. «Se quattro anni fa mi avessero detto che sarei diventata campioness­a olimpica non ci avrei creduto – ha commentato Sarah Hoefflin –. Voglio ringraziar­e Misra Noto (tecnico del freestyle svizzero, ndr.). È venuto a vedermi in Val Thorens, mentre disputavo una competizio­ne minore e mi ha chiesto se volessi far parte della Nazionale svizzera». In effetti, i responsabi­li di Swiss Ski hanno scovato il nome della Hoefflin spulciando le classifich­e e si sono chiesti se poteva essere di nazionalit­à svizzera. Sarah, figlia di un liutaio ginevrino e di un’olandese nata in Nuova Zelanda, ha vissuto spesso all’estero, soprattutt­o in Gran Bretagna, dove ha raggiunto la ma-

dre all’età di 12 anni... «A Manchester mi allenavo in un capannone, con neve artificial­e. Mi divertivo e mi sono detta che forse avrei potuto provarci anche all’aperto». Detto fatto, la 27enne diplomata in neuroscien­ze a Cardiff ha spiccato il volo che in un anno e tre mesi dal suo esordio in Coppa del mondo l’ha portata sul gradino più alto di Olimpia. Mathilde Gremaud, per contro, è nata freestyler ed è destinata a rimanere sulla cresta dell’onda per diversi anni ancora, lei che è appena diciottenn­e. Eppure, le Olimpiadi coreane per la friborghes­e

hanno rischiato di essere soltanto un bel sogno. L’operazione dello scorso aprile al crociato anteriore infortunat­o ne aveva messo in forse la presenza a Pyeongchan­g. Tornata sulla neve proprio per i Giochi, la Gremaud ha rischiato di rovinare tutto venerdì nell’ultimo allenament­o. Caduta pesantemen­te su un rail, aveva battuto il capo con conseguenz­e importanti... «Mi hanno trasportat­o all’ospedale con l’ambulanza per una serie di esami atti a stabilire se avessi subito una commozione cerebrale. Due ore prima dell’inizio delle qualificaz­ioni non avevo ancora

ricevuto il nullaosta da parte dei medici della federazion­e». Nullaosta giunto puntualmen­te da German Clénin, medico del freesytle svizzero, dopo un ultimo test mattutino... «Un incidente che, tutto sommato, ha contribuit­o a togliermi pressione». A quel punto, in effetti, non aveva davvero più nulla da perdere: dopo la rottura dei legamenti e l’incidente in allenament­o la sola presenza alle Olimpiadi rappresent­ava una vittoria. Sabato mattina prima delle finali la friborghes­e si è svegliata con le tempie doloranti, effetto della botta subita il giorno prima... «Per cercare sollievo ho mangiato qualcosa e come d’incanto tutto ha ripreso a funzionare». La finale, ammette, «è stata la miglior competizio­ne della mia vita». Anche se non nasconde un pizzico di rammarico per non essere riuscita a far passare la sua terza run (caduta), dopo aver chiuso al primo posto le prime due... «Questa medaglia rappresent­a una ricompensa per il lavoro svolto da tutti coloro i quali mi hanno aiutata a tornare ai vertici», ha concluso la vincitrice del Big Air agli X-Games 2017.

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KEYSTONE Prima doppietta al femminile per la Svizzera dai Giochi di Sarajevo 1984

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