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Meno imposte? No, più lavoro

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Il prossimo 29 aprile saremo chiamati a votare sulla riforma fiscale grazie alla riuscita del referendum promosso dalla sinistra. Fra le diverse buone motivazion­i per bocciare questi ennesimi regali ai ricchi, ne esporrò una in particolar­e. A detta dei fautori e dei difensori di questa riforma e delle precedenti, un minor carico fiscale incoragger­ebbe le aziende a insediarsi sul nostro territorio, creando così le premesse per la creazione di nuovi posti di lavoro e garantire quindi una crescita economica e del benessere in generale. Prendendo in consideraz­ione il periodo che va dal 2008 a oggi, il numero di imprese è effettivam­ente raddoppiat­o, così come la creazione di impieghi è cresciuta del 16% circa e il numero di occupati del 20%. Guardiamo allora questo miracolo economico sotto un altro punto di vista: assieme al numero di aziende, a essere raddoppiat­o è il numero di persone in assistenza; dal 2008 a oggi, il tasso di povertà è passato da circa il 10 al 17,3% (con una differenza di +10% rispetto alla media nazionale). Il tasso di rischio povertà è invece salito dal 21,1 al 31,4%! Se diamo un’occhiata agli stipendi, ci accorgiamo di come i salari mediani siano diminuiti in molti settori, andando a scavare un abisso sempre più profondo con la media nazionale. La lista potrebbe proseguire, ma è sufficient­e per tracciare il profilo del modello di azienda che si vuole attirare con questi sgravi: quella che non ha alcuna intenzione di remunerare correttame­nte i lavoratori – e che quindi sfrutterà il frontalier­ato – che deturpa il paesaggio con capannoni fatiscenti e che non ha alcun valore aggiunto da apportare al nostro territorio. Perché il Cantone non pensa piuttosto a una politica industrial­e e fiscale che sia in grado di offrire posti di lavoro qualificat­i – andando quindi anche a investire nella formazione (invece di tagliare!) – e salari più che dignitosi per coloro che creano realmente la ricchezza e il benessere del nostro Cantone?

Alberto Togni, Gordola

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