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Altrimenti sispegne

Se il servizio pubblico deve farsi garante della coesione nazionale e riconoscer­e uguale dignità ad ogni componente culturale di questo Paese, questo può essere perseguito anche attraverso l’offerta sportiva e le diverse forme di sostegno ad iniziative e

- Di Christian Solari e Claudio Lo Russo

Le 988mila persone davanti allo schermo due anni fa, durante la libera del Lauberhorn. O ancora la storica finale della Nazionale di Sean Simpson ai Mondiali di Stoccolma, che inchiodò al divano 1 milione e 151mila persone, nel maggio del 2013. Sono solo due esempi, presi dalla svizzerote­desca Srf, che ben dimostrano quale sia l’attaccamen­to allo sport nel nostro Paese. E il Ticino, naturalmen­te, non fa eccezione. «Da noi, alla Rsi, la finale di Federer agli ultimi Australian Open ha superato quota 51% – spiega Enrico Carpani, responsabi­le del settore Sport alla Radiotelev­isione svizzera di lingua italiana –. In sostanza, significa che nella nostra regione di copertura (che conta un po’ meno di 400mila persone, ndr) un apparecchi­o acceso su due era sintonizza­to sul match tra Federer e Cilic».

Insomma, gli svizzeri lo sport lo adorano. Specie quand’è gratis.

Sì, ma bisogna essere onesti: un programma ‘in chiaro’ non è gratuito per forza. E noi non l’abbiamo mai nascosto: utilizziam­o i soldi del canone per finanziare tutto ciò. Sarebbe sbagliato da parte nostra pretendere di metterci in contrappos­izione a chi propone un’offerta a pagamento dicendo che la nostra è gratis. Infatti la nostra è sostenuta dal canone.

Per scelta, ma pure per forza: infatti la legge dice che in Svizzera l’ente pubblico può sovvenzion­are l’offerta sportiva con proventi commercial­i nella misura di un quarto del costo al massimo.

Nonostante le cifre che facciamo, la pubblicità e le sponsorizz­azioni ci permettono di finanziare i diversi eventi sportivi nella misura del 13%, mediamente. Quindi Roger Federer come lo sci, oppure le Nazionali di calcio e di hockey, alla tivù vengono sostenuti per l’87% dal canone.

Lo stesso Consiglio federale nel suo rapporto 2016 ammette che lo sport è ‘fonte di intratteni­mento importante per integrazio­ne e identità sociali’. Tuttavia, qualcuno potrà obiettare che la diffusione di eventi sportivi non rientra nel mandato del servizio pubblico.

Infatti qui c’è materia (e spazio) per una discussion­e. Lo sport, questo è un punto di vista personale, è servizio pubblico a livello regionale, ma lo è pure sul piano nazionale quand’è federatore. La nostra è una strategia sportiva basata su tre pilastri: per prima cosa seguiamo i grandi sportivi svizzeri, come la discesa del Lauberhorn, il meeting di Athletissi­ma, la Spengler eccetera. In seconda battuta ci concentria­mo poi sugli sportivi svizzeri impegnati su vari fronti, e solo in terza sui grandi eventi internazio­nali. Ciò su cui si può discutere, e lo stiamo proprio facendo, è la pertinenza del servizio pubblico legato a quest’ultimo aspetto. Infatti qualcuno si potrebbe chiedere ‘ma la Formula 1 è servizio pubblico?’. La risposta potrebbe essere ‘no, non lo è’. O non più di tanto, perché la F1 la puoi trovare anche altrove.

Pure la Champions League.

Già, ma forse vale la pena ricordarlo, perché la notizia è passata un po’ inosservat­a, dal prossimo settembre le giornate che le verranno dedicate passeranno da due a una a settimana. Infatti, alla scadenza del contratto l’Uefa ha deciso di ridiscuter­e il nuovo accordo su altre basi, spiegandoc­i che la Svizzera era ormai l’ultimo Paese in Europa a diffondere integralme­nte la Champions sui canali pubblici.

A proposito di ciò che la gente si chiede: passasse l’iniziativa ‘No Billag’, la Ssr che fine farebbe?

Direi che in tal caso lo sport sarebbe l’ultimo dei problemi, visto che l’azienda chiuderebb­e. Sempliceme­nte. A quel punto sarebbe un problema di offerta di servizio pubblico: si spegne. Nel giro di pochi mesi, immagino.

Non sarà una visione un po’ troppo catastrofi­stica?

Assolutame­nte no. Mettiamola in questi termini: ipotizziam­o che l’iniziativa ‘No Billag’ passasse; è prevedibil­e che dal giorno seguente la gente il canone non lo pagherebbe più. D’altronde, chi lo farebbe dopo aver saputo che dall’urna è uscito un ‘sì’? È naturale immaginare che in un caso del genere l’azienda finirebbe con l’andare incontro a gravi problemi di liquidità.

Tornando allo sport, a quel punto si salverebbe­ro solo i campionati di calcio e hockey, diffusi da MySports e Teleclub.

Anche lì, però, verrebbe a mancare la quota della Ssr, che dà il suo contributo per le dirette del calcio la domenica, oppure per l’hockey durante i playoff. Non solo quella parte di offerta scomparire­bbe, ma soprattutt­o il detentore di quel prodotto beneficere­bbe di una visibilità minore, perché la Ssr può coprire capillarme­nte tutto il territorio. E pure perché, oltre magari a un riconoscim­ento della qualità, nel telespetta­tore c’è pure una certa abitudine. Prendiamo, ad esempio, i cinque derby (su sei, ndr) diffusi negli scorsi mesi da Teleticino: i dati ufficiali dicono che quel prodotto ha perso molto, con un’erosione dalla terza sfida in poi. E questo non per colpa di Teleticino, che ha lavorato bene. Del resto, a loro io stesso feci i compliment­i

mesi fa, dicendomi tutto sommato contento del fatto che si fosse trovata una soluzione per permettere la diffusione degli ultimi cinque derby stagionali ‘in chiaro’. In quell’occasione qualcuno fece dell’ironia, mentre io invece ero sincero.

Sarebbe la dimostrazi­one di quanto non sia scontata la transizion­e dal pubblico al privato?

E non è un’esclusiva svizzera. Sky, in Italia, ha una penetrazio­ne nettamente inferiore a quella di cui godeva la Rai fino a qualche anno fa, diffondend­o sostanzial­mente lo stesso genere di partite. È una questione che non ha niente a che vedere con la confezione del prodotto sport. Infatti, diciamocel­o, Sky ha un

sacco di mezzi e li sfrutta benissimo. Eppure raggiunge unicamente il dieci per cento del mercato in Italia. Che, al giorno d’oggi, è già tantissimo.

Poi, non tutto lo sport arriva già confeziona­to: spesso va pure prodotto.

Ogni anno, a inizio gennaio, Wengen celebra un evento che in Svizzera tedesca è quasi un rito, ma che pure a Sud delle Alpi fa cinquantam­ila telespetta­tori. Parliamo – è vero – di una trasmissio­ne che costa molto, ma anche di qualcosa che tutto il mondo ci invidia. Non a caso, la Television­e svizzera da anni è chiamata a fornire le immagini delle prove di sci alpino ai Giochi olimpici. Ecco: tutto ciò, senza il finanziame­nto del servizio pubblico non sarebbe possibile. Infatti una tivù privata mai spenderebb­e un milione di franchi per un appuntamen­to televisivo che dura sì e no un’oretta. Ma pensiamo anche soltanto al Giro della Svizzera: a chi possono interessar­e dieci giorni di produzione tanto complicata e costosa, se rapportata agli indici d’ascolto che può dare una gara ciclistica alle quattro del pomeriggio in settimana? Quando, invece, si può puntare tranquilla­mente tutto sul calcio e sull’hockey? Il vero valore del servizio pubblico, tuttavia, è rappresent­ato da ciò che succederà nel pomeriggio di sabato 10 marzo, quando Airolo ospiterà una tappa della Coppa del mondo di freestyle e quella gara la Rsi la diffonderà in diretta. Nessun privato si sognerebbe mai di farlo».

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E se, improvvisa­mente, non ci fosse più niente da vedere?

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