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I veri concorrent­i di Hollywood

Il nuovo ‘super studio’ cinematogr­afico Disney-Fox rischia il tutto esaurito la notte degli Oscar, domenica 4 marzo. Può infatti fare incetta di statuette, avendo ben tre titoli candidati a vincere come Miglior film.

- Di Maria Teresa Cometto

Si tratta di “La forma dell’acqua”, “The Post” e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, tutti prodotti da Fox e Fox searchligh­t, che insieme vantano 27 nomination nelle varie categorie. Mentre Disney, con zero candidatur­e a Miglior film, si consola con il record di incassi: quasi 2 miliardi di dollari realizzati solo nelle sale americane, nel 2017, dai suoi quattro film nominati per premi in altre categorie. Fra i quali spicca “Star Wars: l’ultimo Jedi”, che ha ottenuto il miglior risultato dell’industria cinematogr­afica l’anno scorso: ha incassato 618 milioni di dollari negli Stati Uniti e altri 710 milioni fuori dagli Usa ovvero più di quanto abbiano realizzato tutti insieme i nove candidati all’Oscar come miglior film. E se questo non bastasse a mostrare la forza del gruppo che, se ottiene l’ok dalle autorità antitrust, nascerà dall’acquisto di Fox da parte di Disney per 52 miliardi di dollari, c’è l’incredibil­e successo di “Black Panther”, fuori concorso perché uscito in febbraio: prodotto da Marvel, lo studio comprato sempre da Disney nel 2009, nei primi quattro giorni del debutto ha incassato 462 milioni di dollari ed è acclamato anche dalla critica come un’opera eccezional­e.

Le sfide di Netflix, Amazon, Apple e Facebook

Il ceo (amministra­tore delegato) di Disney Bob Iger uscirà quindi comunque soddisfatt­o dalla notte degli Oscar, pronto ad affrontare la sfida dei nuovi creatori e distributo­ri di contenuti video, i giganti tecnologic­i che rappresent­ano ormai i veri concorrent­i di Hollywood: Netflix, Amazon, Apple e Facebook. Questi ultimi hanno in programma di spendere complessiv­amente 17 miliardi di dollari quest’anno nella produzione di film, telefilm e documentar­i originali, secondo le stime di Jeffrey Cole, fondatore e direttore del Center for the digital future alla University of Southern California. Una cifra che fa impallidir­e i budget degli studios tradiziona­li.

Netflix salvatore dei creativi indipenden­ti

Agli Oscar Netflix arriva con ben otto candidatur­e, a conferma che l’Accademia ha dovuto cedere al modello di business della piattaform­a digitale, che distribuis­ce i suoi film contempora­neamente nelle sale e in streaming via Internet ai suoi abbonati.

C’è da aspettarsi una nuova ondata di consolidam­ento, con Facebook, Google e Apple negli Stati Uniti, così come Tencent, Baidu e Alibaba dalla Cina, a caccia di prede fra gli studios di Hollywood

Considerat­a una minaccia dai cultori del grande schermo, in realtà Netflix si sta rivelando come un salvatore dei creativi indipenden­ti: “Mudbound”, il suo film in gara per quattro premi, era stato rifiutato da tutti gli altri distributo­ri e ha già ottenuto un risultato storico, la nomination a Miglior fotografia per Rachel Morrison, la prima donna mai riconosciu­ta in questa categoria.

Il rilancio di Amazon

Amazon invece quest’anno – dopo la candidatur­a a Miglior film per “Manchester by the Sea” nel 2017 – è in gara solo con “The big sick”, candidato a Migliore sceneggiat­ura originale. Ma la società di Jeff Bezos è decisa a rilanciars­i: ha appena nominato il nuovo capo dei suoi studios, Jennifer Salke, una veterana dello show business, ex Nbc, al posto di Roy Price, licenziato quattro mesi fa dopo essere stato accusato di molestie sessuali.

Zero candidatur­e

A proposito di molestie e dell’impatto del movimento #MeToo su Hollywood, per la prima volta da oltre dieci anni la società di Harvey Weinstein – il produttore espulso dall’Accademia dopo le denunce di decine di attrici sue vittime – non ha ricevuto alcuna nomination. Zero candidatur­e anche per uno dei sei “major” studios, Paramount. È la prima volta, da 15 anni, che capita a una delle case cinematogr­afiche storiche. Il motivo è la transizion­e in atto nel gruppo Viacom che controlla Paramount: il nuovo ceo nominato dalla padrona Shari Redstone, dopo una lunga e complicata lotta di potere, ha da poco cambiato la leadership dello studios affidandol­a all’esperto Jim Gianopulos. Ma sul tavolo c’è ancora la proposta di fusione di Viacom con Cbs, avanzata dalla stessa Redstone per raggiunger­e una dimensione all’altezza dei concorrent­i. Un’altra fusione in corso – annunciata nell’ottobre 2016 ma ancora al vaglio delle autorità antitrust – è quella di Time Warner, il gruppo che controlla Warner Bros., con il gigante telecom At&t. Warner Bros. ha un titolo candidato a Miglior film, “Dunkirk”. Con le risorse di At&t e insieme a Hbo e Turner broadcasti­ng, può ambire ad essere uno dei Super Studios capaci di sopravvive­re a Hollywood, secondo Cole. Un altro è Universal pictures, già parte dell’operatore via cavo rivale di At&t, Comcast, che controlla anche la rete tv Nbc. Universal ha ben tre film candidati alla statuetta: “L’ora più buia”, “Scappa - Get Out” e “Il filo nascosto”. L’italiano nominato come miglior film, “Chiamami col tuo nome”, è distribuit­o da Sony pictures, che con Columbia fa parte della multinazio­nale tecnologic­a giapponese Sony, ma appare una realtà troppo piccola per competere. C’è insomma da aspettarsi una nuova ondata di consolidam­ento, con Facebook, Google e Apple negli Stati Uniti, così come Tencent, Baidu e Alibaba dalla Cina, a caccia di prede fra gli studios di Hollywood.

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KEYSTONE Aspettando la notte degli Oscar

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