A Mendrisio la sfida è servita
Per sapere se il Plr di Mendrisio ci ha visto giusto – ma soprattutto se la sua contabilità dei voti torna davvero – bisognerà attendere il 27 maggio. Solo il giorno del ballottaggio dirà se dopo mezzo secolo i liberaliradicali riusciranno a fare il sorpasso (sul Ppd) e a prendersi il sindacato nel capoluogo del distretto. Solo in quel momento si capirà se l’elettorato del partito davanti a certe sfide muove realmente come un sol uomo. Sì, perché le divisioni sono dietro l’angolo. Inutile dire che in casa Plr la voglia è tanta. C’è la vecchia guardia che sente già odore di riscatto: le 20 schede (o giù di lì) di differenza che 24 anni orsono separarono Croci da Bordogna bruciano ancora. E ci sono i giovani che scalpitano per il nuovo corso. Nelle ore successive la scelta del candidato da schierare – il municipale Samuele Cavadini, preferito al vicesindaco Samuel Maffi –, il presidente sezionale Tiziano Calderari aveva evocato anche da queste colonne la necessità di cambiare, di rinnovare. E di mettere nelle mani dei cittadini questa opportunità. È indiscutibile, infatti, che chiunque sarà premiato dalle urne riceverà una legittimazione difficile da scalfire alla prossima tornata elettorale, nel 2020. Il passaggio, però, è di quelli delicati. Non solo perché il Ppd marcia compatto dietro Marco Romano – il quale il 6 febbraio scorso ha ricevuto l’investitura della sua sezione e del sindaco uscente Carlo Croci –, ma anche perché come in un domino questa elezione potrebbe aprire altri scenari. In particolare con la Lega, che dà segnali di ambire al raddoppio dei seggi in Municipio: il punto è a scapito di chi. Ecco perché mettere in campo la strategia giusta nel confronto tra Plr e Ppd sarà cruciale (politicamente parlando). E qui i liberaliradicali non sono partiti proprio con il piede giusto. Nel gruppo (e non solo) c’è chi non ha preso bene lo sgambetto al vicesindaco; e questo rischia di disorientare la base. Il cemento che tiene insieme la squadra secondo i vertici resisterà. Anzi, come ricordato giusto ieri sera dal presidente cantonale Bixio Caprara, è un ingrediente irrinunciabile, con la qualità delle persone: il messaggio, insomma, è chiaro. Anche perché la meta finale – il posto da sindaco – conta più delle questioni ‘personali’. Senza trascurare, comunque, che in un ballottaggio per il sindacato i candidati (quindi le persone) contano eccome. Come pesa, agli occhi della popolazione e delle forze politiche rimaste alla finestra, l’immagine di capo dell’esecutivo che sapranno restituire agli elettori. Dare un’alternativa, d’altro canto, è una responsabilità gravosa, sempre e da qualsiasi parte la si guardi. Sarà dunque importante che la campagna mendrisiense non perda contatto con il territorio, quella dei quartieri di una città ancora in cantiere. Non basterà, in altre parole, essere ‘social’ (nel senso dei social network). Bisognerà altresì saper intercettare la realtà sociale locale. Per il momento, certo, siamo alle scaramucce iniziali. Anche se qualche stoccata è già partita. E non solo sul primato della giovane età dei candidati. Il primo a mettere le ‘mani avanti’ è stato il Ppd alla sua assemblea del 6 febbraio, quando lo stesso Marco Romano ha chiesto di evitare “colpi sotto la cintura” e di vincere la tentazione di approcci e visioni di una politica d’antan. Salvo poi aggiungere pepe alla sfida, criticando l’uscita del Comitato cantonale e solidarizzando con il vicesindaco. E alcuni liberaliradicali ieri sera non le hanno mandate a dire, galvanizzati come sono ancora dall’‘effetto Cassis’ e persino dalla nomina del pg Pagani. Da qui se la giocheranno faccia a faccia Cavadini e Romano. Come finirà? Sono aperti i pronostici.