laRegione

Ma quale festa!

- Di Priscilla De Lima

Oggi un gruppo di donne si è dato appuntamen­to a Bellinzona. Sfileranno lungo Viale Stazione e si fermeranno in alcuni punti della capitale. Non lo faranno per approfitta­re dell’aperitivo offerto nel bar dell’angolo, dell’entrata gratuita nel locale alla moda, dello sconto sul trucco da giorno nel salone di bellezza, in occasione della festa della donna. No, lo faranno per rivendicar­e la fine delle discrimina­zioni di ogni genere e delle violenze contro le donne; per dire basta agli stereotipi, alla commercial­izzazione del corpo femminile, alla discrimina­zione nel lavoro e nella società. Tutto questo in occasione della giornata internazio­nale della donna.

Priscilla De Lima, giornalist­a, Comundo

Segue dalla Prima Che ha ben poco a che vedere con una festa. È una giornata di rivendicaz­ione e di sensibiliz­zazione dedicata alle donne. Perché ancora oggi, in Ticino come in moltissime altre parti del mondo, c’è chi sostiene che la discrimina­zione non esiste. Eppure abbiamo tutti un’amica, una sorella o una compagna che, rientrata dal congedo maternità, non ha più trovato le stesse condizioni di lavoro. Sappiamo, o dovremmo sapere, che la polizia deve troppo spesso intervenir­e per casi di violenza domestica anche nel nostro cantone. E i cartelloni che pubblicizz­ano qualsiasi tipo di prodotto attraverso il corpo nudo e ammiccante di una donna, sono sotto gli occhi di tutti. Chissà perché allora c’è chi fa così fatica a vederla, questa disparità che ci coinvolge tutti. A volte sono le stesse persone che sostengono che ci sono anche uomini discrimina­ti, sottopagat­i e maltrattat­i. Come se la lotta contro le ingiustizi­e non portasse benessere a tutta la società. Le donne e gli uomini che s’incontrera­nno oggi a Bellinzona e in ogni parte del mondo non lo faranno per scambiarsi gli auguri, ma per rinsaldare un patto: per ricordare che i diritti delle donne sono innanzitut­to diritti umani, riconosciu­ti a livello internazio­nale, oltre che dalla nostra costituzio­ne. Rivendicar­li non dovrebbe quindi essere una scelta, ma un dovere di ogni cittadino e di ogni politico che lo rappresent­a. Perché migliorare la vita delle donne significa contribuir­e a cambiare il mondo.

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