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Battezzate eppure escluse

Il lungo cammino delle donne nella Chiesa e i primi cambiament­i voluti da papa Francesco La partecipaz­ione femminile nel mondo ecclesiale, dice la teologa Ilaria Morali, si riferisce alla pari dignità conseguita da ognuno col battesimo

- Di Aldo Bertagni

“Mi preoccupa il persistere nelle società di una certa mentalità maschilist­a, mi preoccupa che nella stessa Chiesa il servizio a cui ciascuno è chiamato, per le donne, si trasformi a volte in servitù” e il pensiero è rivolto alle suore spesso e volentieri ridotte a “badanti” dei cardinali curiali. Lo scrive papa Francesco in una lettera a Maria Teresa Compte Grau, scrittrice spagnola, autrice del libro “Diez cosas que el papa Francisco propone a las mujeres” (Dieci cose che papa Francesco propone alle donne), presentato ieri a Madrid. Donne, religiose o laiche poco importa, che guardano con entusiasmo al cambiament­o voluto dal papa e che tante resistenze ancora incontra fra le alte, come le basse, sfere ecclesiali. «Mi capita sovente di sentirmi dire: vieni anche tu a quel convegno, abbiamo bisogno di una donna... » racconta Ilaria Morali, professore di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana, una delle poche donne in quelle stanze, con un ampio curriculum di teoria e pratica alle spalle. Ieri era a Lugano, ospite dell’Opus Dei, per parlare della Chiesa al femminile e dei cambiament­i in corso. Milanese, cresciuta intellettu­almente e spiritualm­ente con il cardinale Martini, Ilaria Morali ha recepito come necessaria e sacrosanta la svolta intrapresa da papa Francesco «le cui basi però, va detto, sono state gettate da Benedetto XVI» precisa, papa mal compreso dai più. Ma quanto sono importanti le donne oggi per e nella Chiesa? Per rispondere bisogna partire da una premessa: «La Chiesa non è una democrazia, non è regolata come la società civile, per quanto confrontat­a con le forti domande di quest’ultima» commenta la teologa. Dopodiché non è corretto rivendicar­e più partecipaz­ione in quanto donne, perché «l’idea è che tutti i battezzati, maschi e femmine, hanno diritto a essere parte della Chiesa». Non una riven-

dicazione di genere, dunque, ma di quella parte d’umanità battezzata e però senza dignità. Il che, precisa Morali, non implica al contempo la maggior partecipaz­ione della donna perché anche genitrice, madre. Un ruolo che conta, ma non discrimina­nte. Il secondo presuppost­o parte dal valore di uguaglianz­a nella diversità: «Tutte le membra formano un solo corpo e dunque comune dignità non significa livellare, ma rispettare le differenze» aggiunge Morali, che cita a questo proposito l’impegno di papa Francesco e il suo richiamo alla dignità delle religiose: «C’è molta consapevol­ezza nel pensiero del papa, sin dall’inizio quando parlava della necessità di una presenza femminile più incisiva delle donne nella Chiesa». Il che vuol dire allargare gli spazi del diritto di ogni battezzato, che non si traduce in un ruolo ma in «vocazione e missione da esplicare come diritto di ogni cristiano». Detta altrimenti, ogni credente deve poter vivere la propria fede a pieno titolo, partecipan­do alla vita comunitari­a e anche ecclesiale. “Riabilitat­i”, già col Concilio, i principi forti, cosa è cambiato in questi anni? «Serve tempo. Stiamo vivendo una fase di transizion­e che ha comunque introdotto alcune importanti novità, come la Commission­e che sta riflettend­o sul diaconato femminile. Siamo a metà del guado. Il papa dice che non si tratta di occupare spazi, ma avviare processi» risponde la teologa. Un cambiament­o che fa paura, ma che deve avvenire soprattutt­o con la riforma della Curia romana, che sarà poi modello per tutti i mutamenti ecclesiali. Altra novità importante, la presenza femminile (come sottosegre­tarie) nel neodicaste­ro per i laici, la famiglia e la vita. «Un cambiament­o epocale» lo definisce Morali. Ma non è un percorso facile. «Ci sono resistenze e il caso delle religiose al servizio dei cardinali ne è un esempio. Come la formazione delle suore, ancora scarsa. C’è una mentalità da scardinare anche nel mondo femminile, a partire dalle religiose che ancora oggi non possono fare un dottorato». E giù, a cascata, nelle comunità piccole e grandi.

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CRINARI/TI-PRESS La teologa Ilaria Morali ieri a Lugano

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