laRegione

Reati perseguibi­li per 20 anni

Il Consiglio nazionale ha deciso di raddoppiar­e il termine di prescrizio­ne per danni alle persone La Camera del popolo intende garantire, ad esempio alle vittime dell’amianto, di potersi rivolgere a un tribunale anche dopo decenni

- di Fabio Barenco/Ats

È necessario prolungare il termine di prescrizio­ne per danni alle persone da dieci a venti anni. Lo ha deciso ieri il Consiglio nazionale che ha approvato – con 102 voti contro 90 – un compromess­o tra lo status quo adottato dagli Stati (10 anni) e la proposta del Consiglio federale di estendere il termine a trent’anni. In Parlamento il dossier risale a più di dieci anni fa quando, nel 2007, una mozione aveva incaricato il Consiglio federale di prolungare il termine di prescrizio­ne per danni che vengono alla luce solo dopo molto tempo. In tutti questi anni l’attenzione si è focalizzat­a sulle vittime dell’amianto. Parallelam­ente ai lavori parlamenta­ri, un Fondo di indennizzo a favore di queste ultime è stato istituito (è operativo dallo scorso luglio) nell’ambito di una tavola rotonda – coordinata dall’ex consiglier­e federale Moritz Leuenberge­r – a cui hanno partecipat­o rappresent­anti delle vittime, dei sindacati, dei datori di lavoro, delle assicurazi­oni e dell’amministra­zione federale. Il Fondo ha una dotazione iniziale di 6 milioni di franchi. Dal mondo economico sono giunte promesse di versamento per 60-100 milioni. Con questo ‘Fondo’ si è quindi trovato una soluzione che accontenta un po’ tutti, per dare la possibilit­à alle vittime che non possono più rivolgersi a un tribunale di essere comunque risarcite. Per Corrado Pardini (Ps/Be) – relatore commission­ale assieme a Giovanni Merlini (Plr) – la fondazione funziona, ma per alimentarl­a finanziari­amente attraverso l’economia privata, è necessaria una sicurezza giuridica. Secondo il consiglier­e nazionale, per garantirla bisognava quindi sostenere il compromess­o accettato ieri dal Nazionale: chi invece lo contesta, si schiera anche contro la soluzione trovata attraverso il ‘Fondo’. Tra questi c’era, a nome di una minoranza, il consiglier­e nazionale Yves Nidegger (Udc/Ge): a suo parere, un termine di 20 o 30 anni genera un’eccessiva insicu-

Sommaruga: non si tratta di proteggere solo le vittime dell’amianto

rezza, specie nelle aziende, per di più confrontat­e con alti costi assicurati­vi e burocratic­i, a causa dell’obbligo di dover conservare i documenti dell’epoca. All’origine del raddoppio degli anni di prescrizio­ne vi è anche una sentenza del 2014 della Corte europea dei diritti umani (Cedu) che critica la Svizzera per il termine di prescrizio­ne attuale. Quest’ultimo impedisce alle vittime dell’amianto di rivolgersi a un tribunale. Secondo la consiglier­a federale Simonetta Sommaruga estendendo il limite a venti anni si potrebbe anche adeguare il diritto di prescrizio­ne alla sentenza della Cedu. La ‘ministra’ di giustizia e polizia ha poi ricordato che non si tratta solo di proteggere le vittime dell’amianto, ma di tenere in consideraz­ione anche le conseguenz­e alla salute di, ad esempio, opere

mal eseguite o delle nuove tecnologie. L’Unione sindacale svizzera (Uss) ha accolto con piacere la decisione di ieri: in una nota ha sottolinea­to che l’innalzamen­to del termine di prescrizio­ne a venti anni è il “minimo” per poter rispettare gli standard tecnici e del diritto internazio­nale. Il Consiglio Nazionale ha quindi fatto “un passo nella giusta direzione”, si legge nel comunicato. Inoltre anche secondo Luca Cirigliano, segretario generale dell’Uss, il Fondo di indennizzo non basta: è stata trovata una soluzione per le malattie legate all’amianto, ma non per altre che compaiono anch’esse solo dopo dieci anni, spiega a ‘laRegione’. Il diritto svizzero attuale non corrispond­e quindi “allo stato dell’arte della medicina e della prassi della Cedu”, conclude Cirigliano. Il dossier passa ora di nuovo agli Stati.

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