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Silenzio, parla Elvis

Le ultime frasi del portiere bianconero prima del via dei playoff. ‘Voglio restare da solo per immergermi nella sfida che m’attende’.

- Di Christian Solari

Lugano – Elvis Merzlikins dice la sua. E sono pure le ultimissim­e parole del portiere del Lugano prima dell’inizio dell’aspra battaglia dei playoff, sabato alla Resega. Con il ventitreen­ne portiere bianconero che, seguendo l’esempio di alcuni suoi illustri colleghi (primo fra tutti il bernese Leonardo Genoni) nella postseason sceglie di chiudersi in sé stesso. «In verità, per me i playoff sono cominciati da un mese – spiega il portierone nato a Riga, che compirà ventiquatt­r’anni ad aprile –, da quando lavoro sugli aspetti che non mi soddisfano, sul piano fisico ma non solo. Il ‘silenzio stampa’? Avevo chiesto alla società di non parlare, ed è diventata ormai una specie di tradizione (sorride, ndr). Vorrei rimanere da solo. Vorrei, per così dire, che mi lasciasser­o in pace, per permetterm­i di immergermi completame­nte nella sfida che mi attende».

‘Brust? Nulla contro di lui, ma io a Friborgo non ho amici. E se potessi scegliere vorrei sempre ricevere 30 tiri a partita’

Questa è la sua terza, vera, esperienza nei playoff. Siccome nel 2015, allora ventenne, Elvis si dovette accontenta­re di giocare soli due tempi in gara 6 alle Vernets di Ginevra, nel secondo quarto di finale consecutiv­amente perso dal Lugano di Fischer contro il Servette di McSorley. «La mia prima, grande esperienza è stata quella della finale (nell’aprile di due anni fa, ndr), in cui sono riuscito a portare la squadra... da qualche parte. Rispetto ad allora, però, ora mi sento più maturo. Anche perché ho ripreso a lavorare con Fausto, il mio mental coach. Vedremo fin dove quel lavoro ci porterà: non c’è un limite che, raggiunto quello, ti permette di dire ‘ah, sì, sono cresciuto’. È però vero che ci sono alcuni punti su cui sento di essere migliorato. Quali? Non li dico, non voglio svelare le mie carte (sorride, ndr). Quel che è sicuro è che ognuno ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, ed è su queste

ultime che voglio lavorare». Fin qui la stagione di Elvis è andata in crescendo. «Diciamo che la prima parte non è andata come desideravo, c’erano un po’ troppi alti e bassi. Poi, da Natale in poi la situazione è migliorata, siccome sono riuscito a risolvere i problemi con cui mi sono dovuto confrontar­e, ciò che mi ha permesso di focalizzar­mi al 110% sull’hockey. Ho lavorato tanto con ‘Mike’ (il preparator­e dei portieri Michael Lawrence, ndr), insistendo sulla tecnica e sull’analisi a video. Ho imparato parecchio, il che mi ha permesso di correggere degli errori che si

verificava­no nella prima parte della stagione. Errori del resto comprensib­ili, dato che all’inizio abbiamo pianificat­o di modificare un po’ il mio stile». Elvis Merzlikins e il suo rivale, il friborghes­e Barry Brust, arrivano ai quarti di finale con percentual­i di riuscita tutto sommato analoghe: Elvis è a quota 92,09%, il canadese invece al 92,61%. «Le statistich­e? Sì, quelle le guardo – ammette –. Parlo di quelle di serata, però: infatti mio obiettivo è chiudere le partite al di sopra del 92 per cento, sennò succede che m’incavolo (ride, ndr)». E se è vero che nell’hockey quello

del portiere è un ruolo chiave sul serio («può anche arrivare a essere l’85% di una squadra» stima Elvis, ndr), resta da capire quanta importanza nell’economia della sfida tra Lugano e Friborgo possa avere il duello a distanza tra lui e Barry Brust. «Non ho nulla contro Brust, è un portiere che ha parecchia esperienza e ha anche fatto la sua carriera, ma personalme­nte non lo prenderei ad esempio, siccome ha davvero uno stile un po’ particolar­e (sorride, ndr). Quel che è sicuro è che tra noi sarà una battaglia: io nel Friborgo non ho amici e farò tutto ciò che

posso per portare il Lugano il più lontano possibile». Di certo, a Elvis Merzlikins come a Brust, da sabato in poi il lavoro non mancherà. «Se potessi scegliere, vorrei ricevere una trentina di tiri ad ogni partita. Anche perché le conclusion­i ti tengono sveglio: in generale credo che qualsiasi portiere, quando non è sollecitat­o, tra i pali corre il rischio di annoiarsi – conclude, sorridendo –. Quindi spero sinceramen­te di avere del lavoro da fare. Anche perché quello è l’unico modo che ti permette di dimostrare a tutti quanto vali davvero».

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TI-PRESS/GOLAY Gli ultimi sorsi prima del via. ‘Sono più maturo, ma non c’è un limite che, raggiunto quello, puoi dire: ah, sì, sono cresciuto’

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