Silenzio, parla Elvis
Le ultime frasi del portiere bianconero prima del via dei playoff. ‘Voglio restare da solo per immergermi nella sfida che m’attende’.
Lugano – Elvis Merzlikins dice la sua. E sono pure le ultimissime parole del portiere del Lugano prima dell’inizio dell’aspra battaglia dei playoff, sabato alla Resega. Con il ventitreenne portiere bianconero che, seguendo l’esempio di alcuni suoi illustri colleghi (primo fra tutti il bernese Leonardo Genoni) nella postseason sceglie di chiudersi in sé stesso. «In verità, per me i playoff sono cominciati da un mese – spiega il portierone nato a Riga, che compirà ventiquattr’anni ad aprile –, da quando lavoro sugli aspetti che non mi soddisfano, sul piano fisico ma non solo. Il ‘silenzio stampa’? Avevo chiesto alla società di non parlare, ed è diventata ormai una specie di tradizione (sorride, ndr). Vorrei rimanere da solo. Vorrei, per così dire, che mi lasciassero in pace, per permettermi di immergermi completamente nella sfida che mi attende».
‘Brust? Nulla contro di lui, ma io a Friborgo non ho amici. E se potessi scegliere vorrei sempre ricevere 30 tiri a partita’
Questa è la sua terza, vera, esperienza nei playoff. Siccome nel 2015, allora ventenne, Elvis si dovette accontentare di giocare soli due tempi in gara 6 alle Vernets di Ginevra, nel secondo quarto di finale consecutivamente perso dal Lugano di Fischer contro il Servette di McSorley. «La mia prima, grande esperienza è stata quella della finale (nell’aprile di due anni fa, ndr), in cui sono riuscito a portare la squadra... da qualche parte. Rispetto ad allora, però, ora mi sento più maturo. Anche perché ho ripreso a lavorare con Fausto, il mio mental coach. Vedremo fin dove quel lavoro ci porterà: non c’è un limite che, raggiunto quello, ti permette di dire ‘ah, sì, sono cresciuto’. È però vero che ci sono alcuni punti su cui sento di essere migliorato. Quali? Non li dico, non voglio svelare le mie carte (sorride, ndr). Quel che è sicuro è che ognuno ha i suoi punti di forza e le sue debolezze, ed è su queste
ultime che voglio lavorare». Fin qui la stagione di Elvis è andata in crescendo. «Diciamo che la prima parte non è andata come desideravo, c’erano un po’ troppi alti e bassi. Poi, da Natale in poi la situazione è migliorata, siccome sono riuscito a risolvere i problemi con cui mi sono dovuto confrontare, ciò che mi ha permesso di focalizzarmi al 110% sull’hockey. Ho lavorato tanto con ‘Mike’ (il preparatore dei portieri Michael Lawrence, ndr), insistendo sulla tecnica e sull’analisi a video. Ho imparato parecchio, il che mi ha permesso di correggere degli errori che si
verificavano nella prima parte della stagione. Errori del resto comprensibili, dato che all’inizio abbiamo pianificato di modificare un po’ il mio stile». Elvis Merzlikins e il suo rivale, il friborghese Barry Brust, arrivano ai quarti di finale con percentuali di riuscita tutto sommato analoghe: Elvis è a quota 92,09%, il canadese invece al 92,61%. «Le statistiche? Sì, quelle le guardo – ammette –. Parlo di quelle di serata, però: infatti mio obiettivo è chiudere le partite al di sopra del 92 per cento, sennò succede che m’incavolo (ride, ndr)». E se è vero che nell’hockey quello
del portiere è un ruolo chiave sul serio («può anche arrivare a essere l’85% di una squadra» stima Elvis, ndr), resta da capire quanta importanza nell’economia della sfida tra Lugano e Friborgo possa avere il duello a distanza tra lui e Barry Brust. «Non ho nulla contro Brust, è un portiere che ha parecchia esperienza e ha anche fatto la sua carriera, ma personalmente non lo prenderei ad esempio, siccome ha davvero uno stile un po’ particolare (sorride, ndr). Quel che è sicuro è che tra noi sarà una battaglia: io nel Friborgo non ho amici e farò tutto ciò che
posso per portare il Lugano il più lontano possibile». Di certo, a Elvis Merzlikins come a Brust, da sabato in poi il lavoro non mancherà. «Se potessi scegliere, vorrei ricevere una trentina di tiri ad ogni partita. Anche perché le conclusioni ti tengono sveglio: in generale credo che qualsiasi portiere, quando non è sollecitato, tra i pali corre il rischio di annoiarsi – conclude, sorridendo –. Quindi spero sinceramente di avere del lavoro da fare. Anche perché quello è l’unico modo che ti permette di dimostrare a tutti quanto vali davvero».