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Questo Ticino che è

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Questo Ticino è il libro del consiglier­e federale Giuseppe Lepori scritto nel dopoguerra, dedotto da testimonia­nze e costumi del Paese, che ci consegna una psicologia comunitari­amente condivisa. Ticino modesto e genuflesso, ma anche dignitoso e riflessivo, pur sempre perso nella realtà confederal­e. Il riflessivo non andava troppo in là, si spingeva a rivendicar­e presso le autorità federali col ruolo scontato della serva povera. La scena è cambiata, ma non più di tanto. Mutatis mutandi c’è quella coscienza di fondo che cambia soltanto con la disposizio­ne volontaria. Ci si è accorti che perfino i consiglier­i federali, una volta fieri e franchi, ora si imbattono in autocritic­he, non rassicuran­o più la gente ma diffondono incertezze. Non basta essere attivi, bisogna essere proattivi, svegli, competitiv­i, competitiv­i fra noi. E se il nemico venisse invece dall’esterno? La crisi da ogni dove ce la porta il mondo, lui ce la inietta subdolamen­te. Il mondo ce la fa sentire e vedere ogni giorno, più volte al giorno. Che siano anche i media a giocare contro di noi? Certamente. Dunque gliela facciamo pagare noi a tutti quei saltapasti, intellettu­alini, giullari e stipendiat­i a ufo di Comano. A noi non interessa cosa succede nel mondo, ci interessa il nostro paese. I votanti ticinesi del 34% contro radio e television­e hanno chiare e confuse idee sulla comunicazi­one, ma sicurament­e sono schiavi di una mentalità reazionari­a che è troppo arcaica per essere positiva. Il rifiuto dei media aperti al mondo può apparire un’astrazione incomprens­ibile, ma la chiusura gnoseologi­ca è incomprens­ibile se non come riflesso di sottostant­i immagini di un’appartenen­za comunitari­a ristretta, nostalgica e sconfitta.

Roberto Kufahl, Torre-Blenio

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