‘Errori di pianificazione? Era già scritto nei piani’
Non potevamo che concludere il nostro ‘viaggio’ allo svincolo autostradale, con vista sul traffico e la piana di San Martino. Due nodi ‘caldi’.
Anche perché si sono sovrapposte situazioni diverse, che hanno reso difficile affrontare oggettivamente il tema della mobilità. In contemporanea abbiamo avuto l’arrivo dei centri commerciali e, in parallelo, un aumento a dismisura del traffico di attraversamento che, al mattino, da sud va a Lugano e alla sera ritorna. In molti hanno puntato sempre il dito contro i centri commerciali, quando il problema vero, nelle ore di punta, non è per nulla legato a loro (che aprono alle 11). Chi è un po’ in là con gli anni forse lo rammenta: 30 anni orsono lo svincolo aveva un accesso diretto da Penate alla zona di San Martino; poi la costruzione della Superstrada tagliò questo innesto diretto all’area industriale. Quindi il tema legato a San Martino è nato dal fatto che per raggiungere la zona delle industrie e dei commerci si doveva passare dalle strade di collegamento al centro storico. Ricordo di essere andato a Bellinzona a parlare con l’allora Ufficio delle strade nazionali già nel mio primo mandato da sindaco. Il motivo? Chiedere la modifica dello svincolo autostradale. Ebbene, la prima risposta fu che non vi era abbastanza traffico per poter ammettere una nuova pianificazione del raccordo con l’A2. Poi i tempi sono cambiati, dalle Strade nazionali a Bellinzona passai a Berna, e lì grazie a un incontro decisivo con Doris Leuthard fu possibile inserire l’esecuzione del nuovo svincolo, permettendo la realizzazione che oggi è quasi completata.
Ci sono voluti comunque 4 anni di lavori e circa 100 milioni d’investimento. Ne è valsa la pena?
Lo svincolo ora permette di scindere in due gli accessi alla zona commerciale e industriale dall’accesso alla zona residenziale, e dà una soluzione a chi va a Mendrisio. Non risolve ovviamente il problema del traffico di attraversamento verso nord, che è di tale entità che condiziona completamente la mobilità locale.
A nord (a Lugano) si è fatto abbastanza per alleggerire la situazione?
Molti Comuni si sono attivati, Lugano ha fatto molto. D’altro canto, non possiamo immaginare un ulteriore aumento del trasporto pubblico, già utilizzatissimo. Si deve lavorare sul comportamento individuale: sulle auto ci sale una persona sola; ci salissero in due avremmo risolto ogni problema senza costi aggiuntivi.
Lo svincolo è stato una via d’uscita?
Tutto ciò che è traffico non è mai una via d’uscita. È solo un tentativo di migliorare le cose: è capitato per l’accesso alla Città e ai centri commerciali. Ma il traffico non diminuisce.
Da qui si vedono il FoxTown e il casinò: in questi anni è l’economia che ha dettato l’agenda alla politica?
In parte è vero. Quando dicevo che mi ero recato già nel mio primo mandato da sindaco a chiedere alle autorità competenti una revisione dello svincolo, è perché immaginavo che potesse esserci una sovrapposizione di gerarchie stradali con conflitti enormi. La risposta fu appunto che non vi era abbastanza traffico. Ricordo di aver inaugurato il FoxTown in uno dei miei primi mesi da sindaco. Ma il successo non è arrivato subito. I primi anni il ‘factory store’ ha fatto molta fatica: anzi ci domandavamo come facesse a sopravvivere, le frequenze erano molto basse. Poi vi è stata un’esplosione: hanno trovato la ricetta giusta, hanno saputo comunicare nel modo giusto, hanno probabilmente trovato le marche giuste. A quel punto ci siamo trovati con dei cantieri aperti, pochi posteggi e il boom economico del centro commerciale: in quei momenti si può dire che l’economia ha superato la politica. Avevo cercato di precedere gli eventi, ma non essendo suffragato dai fatti le autorità avevano risposto picche. E quando siamo tornati eravamo tutti in affanno, perché l’economia quando si muove non conosce limiti.
Un carro armato che ha messo sotto pressione il territorio. O no?
Nel fine settimana siamo passati da poche centinaia di frequenze a più di 12mila auto, e in pochi mesi. Modificando completamente tutti i paradigmi.
Sono stati fatti errori a livello pianificatorio? Insomma, troppe concessioni e indulgenze?
No, troppo facile dire così. Il FoxTown è sorto là dove c’era una scheda di Piano direttore cantonale che prevedeva lo sviluppo di centri commerciali. Ma i centri commerciali esistevano già, penso a Balerna o a Morbio, e non hanno mai generato delle situazioni simili. Quindi non era assolutamente immaginabile: l’economia ha superato ogni previsione.
L’ambiente però ha pagato un costo.
Non lo so.
A San Martino tutto è cambiato: resistono la chiesetta e la Fiera.
Bisognava che già 50 anni orsono si decidesse che ogni zona potenzialmente industriale dovesse rimanere area verde. Non dimentichiamo che siamo vicini all’A2; e le aree di lavoro vanno immaginate vicine all’autostrada. Dal profilo del diritto, poi, quelle aree erano edificabili a tutti gli effetti, e di una tale entità per cui era inimmaginabile che un ente pubblico potesse espropriarle. Tutta l’area a sud e a nord della chiesa, però, non può più essere edificata: quella porzione siamo riusciti a proteggerla, a tracciare una linea di ‘confine’.