Pg dalle urne, prime schermaglie
Agustoni: il problema è la campagna elettorale. Aldi: perché i cittadini non possono decidere?
In commissione l’iniziativa leghista che chiede la nomina popolare del procuratore generale
È stata depositata lo scorso 19 febbraio, lo stesso giorno della tormentata elezione, da parte del Gran Consiglio, del pg (Andrea Pagani) che il prossimo 1° luglio subentrerà a John Noseda. E proprio alle modalità di designazione del procuratore generale – dei futuri procuratori generali – si riferisce l’iniziativa parlamentare inoltrata dal capogruppo della Lega Daniele Caverzasio e sottoscritta, oltre che dai deputati del movimento, da granconsiglieri della Destra. Propongono, previa modifica della Costituzione ticinese, l’elezione popolare del pg. Perché “permetterebbe almeno parzialmente di escludere le influenze partitiche”. L’atto parlamentare è da ieri formalmente attribuito alla commissione Costituzione e diritti politici, riunitasi nel pomeriggio. «Non siamo ancora entrati nel merito della richiesta, attendiamo l’eventuale presa di posizione del governo, poi sentiremo l’iniziativista e sceglieremo uno o due relatori», dice la leghista Sabrina Aldi, prima vicepresidente della ‘Costituzione e diritti politici’, reduce dalla seduta. La discussione non è ancora partita, ma le posizioni in commissione cominciano a delinearsi. Fra i contrari alla proposta di assegnare ai cittadini la competenza di designare il capo del Ministero pubblico è Maurizio Agustoni, alla testa del gruppo Ppd e già coordinatore della speciale commissione ‘Procedura elezione magistrati’, la cui maggioranza ha confermato, con il successivo avallo (novembre 2017) del plenum del Gran Consiglio, la nomina parlamentare di giudici e procuratori pubblici, pg compreso. «Se scegliesse il popolo, non sceglierebbe meglio o peggio del Gran Consiglio: il problema è la campagna elettorale e il discorso non riguarda solo il pg ma tutti i magistrati inquirenti – osserva Agustoni –. Le campagne elettorali, nelle quali peraltro l’intervento dei partiti sarebbe inevitabile, hanno un costo e qualcuno le deve finanziare. E sarebbe davvero poco opportuno che la persona eletta pg dovesse poi ringraziare il o gli sponsor o, peggio, avere nei loro confronti debiti di natura finanziaria. Non solo; cosa potrebbe mai promettere ai cittadini un aspirante pg se non fare il proprio lavoro?».
‘Non sarebbe un’invenzione ticinese’
La nomina parlamentare del procuratore generale, riprende Aldi, tra i firmatari dell’iniziativa, «è tutt’altro che neutra dal profilo politico/partitico e la recente elezione, con i pasticci che l’hanno caratterizzata, lo ha dimostrato». La designazione popolare «non sarebbe un’invenzione ticinese: nel Canton Ginevra c’è già e non vedo nulla di anomalo nel fatto che un candidato pg illustri ai cittadini la propria visione in materia di politica giudiziaria. E non vedo perché un deputato possa scegliere un procuratore generale e un cittadino invece no». Per il Ps non sembrano esserci margini di manovra. «La commissione ‘Procedura elezione magistrati’ ha di recente ribadito come il metodo attuale, cioè la nomina da parte del Gran Consiglio, sia il più attuabile e gestibile – rileva Carlo Lepori – anche se magari non è il migliore in assoluto. È il meno peggio rispetto a tutti gli altri». Per i socialisti «si può discutere su vari modelli, certo, ma in generale il sistema vigente, che può essere migliorato finché si vuole, va conservato. Siamo molto contrari alla nomina popolare dei magistrati, perché politicizza e fa diventare queste questioni prettamente partitiche». L’iniziativa, però, è stata presentata da Caverzasio proprio in risposta a una decisione politica – la nomina di Pagani – e per Lepori la conferma è nel fatto che «quella della Lega è stata una reazione a caldo». Anche il gruppo liberale radicale sembrerebbe contrario all’elezione popolare del procuratore generale, sebbene Franco Celio abbia firmato l’iniziativa che chiede di attribuire ai cittadini il compito di designare il pg, ritenendo «questo tipo di nomina il male minore». Se il Gran Consiglio dovesse approvare il testo, trattandosi di una modifica costituzionale il popolo sarebbe chiamato al voto. In caso di semaforo rosso parlamentare sarebbe un no definitivo.