laRegione

Indietro tutta!

- Di Elda Pianezzi, scrittrice

Quest’anno la Svizzera festeggia il centenario del grande sciopero generale del 1918, un avveniment­o (…)

Segue dalla Prima (...) rimasto impareggia­to nella nostra storia. Come in altri Paesi, anche da noi all’epoca regnava il malcontent­o per la forte disuguagli­anza creatasi in seguito alla Prima guerra mondiale che vedeva i ricchi e i contadini favoriti dalla congiuntur­a da un lato e gli operai sempre più poveri dall’altro. In Svizzera, nelle città germanofon­e in particolar­e, le agitazioni raggiunser­o il loro culmine nell’autunno del 1918. Gli scioperant­i chiedevano, fra l’altro, riforme della politica e dell’esercito, la sicurezza alimentare, la settimana lavorativa di 48 ore e l’assicurazi­one vecchiaia e superstiti. Si scioperò il 9 novembre e ancora il 12. Ma già il 15 quasi tutte le proteste vennero interrotte: davanti alla minaccia del governo federale di far intervenir­e l’esercito, il comitato organizzat­ore fu costretto alla resa. Lo sciopero non portò dunque vittorie immediate e la sinistra, accusata di aver tentato di instaurare una rivoluzion­e bolscevica, subì per decenni una forte stigmatizz­azione. Eppure, come tutti noi ben sappiamo, con il tempo le richieste di migliorame­nto sociale pian piano vennero concesse. Oggigiorno non lavoriamo più 60 ore a settimana e possiamo contare su una pensione. Per commemorar­e degnamente i grandi progressi raggiunti dalla società elvetica, un gruppo di consiglier­i nazionali borghesi ha ben pensato di lanciare, proprio quest’anno, un’iniziativa che chiede “più flessibili­tà per tutti i dipendenti che svolgono le loro mansioni da casa”. Un’ulteriore proposta a favore dei lavoratori, dunque, pensata per facilitare la vita di chi ogni giorno crea benessere per le proprie famiglie e per il Paese? No, niente di tutto ciò. In essa i 104 politici chiedono di ampliare da 14 a 17 le già tante ore lavorative massime giornalier­e consentite. In questo modo un collaborat­ore che svolge i suoi compiti da casa avrà il “diritto” di lavorare dalle 7 del mattino a mezzanotte, di faticare anche la domenica e, per non perdere il ritmo, di concedersi solo brevi pause. Tutto ciò in nome della modernità e del progresso. Peccato che una richiesta simile vada contro ciò per cui i lavoratori nel 1918 hanno lottato: un trattament­o dignitoso e una distribuzi­one più equa del lavoro e della ricchezza. Ciò che appare naturale e scontato, infatti non lo è. Le conquiste del secolo scorso vanno non solo estese, ma anche difese. C’è infatti chi, in questo fumoso 2018, sta pianifican­do una celebrazio­ne commemorat­iva (che si terrà il 14 novembre) non in onore di chi ha combattuto per la creazione di uno Stato sociale, ma in onore dei soldati che nel 1918 erano pronti a uccidere (e in effetti qualche morto ci fu) i loro compatriot­i durante manifestaz­ioni pacifiche. Secondo il ‘Sonntagsbl­ick’ dell’organizzaz­ione della serata si dovrebbe occupare Blocher in persona, il sedicente baluardo del popolo svizzero. Fake news? Per una volta sarebbe bello.

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