Partenza falsa
Roma – Al calar delle tenebre, a Silvio Berlusconi ci è venuto un fottone come da tempo non gliene venivano. Passino i primi scrutini senza nessun eletto alle presidenze della Camera e del Senato – era previsto, lo si sapeva, e poi gli avversari bisogna cuocerli a fuoco lento – ma l’insubordinazione di Matteo Salvini, quella no. “L’alleanza è rotta”, ha detto l’incandidabile quando il ras della Lega ha candidato Anna Maria Bernini (peraltro zelantissima berluschina di lungo corso) alla presidenza di Palazzo Madama, violando la consegna di votare quel Romani di bandiera, rifiutato però dai Cinque Stelle, i soli con i quali si potrebbe trovare una maggioranza. “Un atto ostile”, ha rincarato Brunetta, deciso a far valere il grado di colonnello conquistato su ben altri campi di battaglia. Il fatto è che il sovrano per i quale si batte dev’essere ormai cotto, se gli tocca subire l’affronto di uno che al Parlamento europeo non c’era mai, e al primo giorno in quello italiano fa rimpiangere di esserselo tirato in casa. E insomma. La seduta inaugurale della legislatura si è risolta in un nulla di fatto sia al Senato che alla Camera: le urne riempite di schede bianche a rendere palese il disaccordo totale tra i gruppi. I Cinque Stelle incapaci di far valere la maggioranza relativa ricevuta dagli elettori; il Pd grato al cielo per potersi almeno questa volta tenere alla larga, fingendo olimpico distacco dalle altrui meschinità; e il resto della destra alle prese con le proprie contraddizioni, che solo la crema antirughe di Berlusconi era riuscita a mascherare (male, comunque) durante la campagna elettorale. Ma per fortuna, diranno i cronisti parlamentari, sennò sai che noia. Oggi si ricomincia. Si scommette su altri fottoni o su tarallucci e vino.