L’urgenza d’essere autentici
Intervista al ricercatore Marino Fuchs, autore di ‘Enrico Filippini editore e scrittore’ Attraverso libri e cultura, il letterato era convinto di poter influire su immaginario e realtà del mondo. Aveva fiducia nel lavoro culturale come unico mezzo per cam
«L’idea era promuovere opere dotate di una “moralità letteraria”, ovvero capaci di instaurare nel lettore una riflessione», spiega Marino Fuchs, giovane ricercatore ticinese che abbiamo intervistato in occasione della sua pubblicazione “Enrico Filippini editore e scrittore. La letteratura sperimentale tra Feltrinelli e il Gruppo 63” (Carocci editore, 2018). «Enrico Filippini fu uno dei pochi intellettuali di origine ticinese che nel Secondo Novecento seppe interpretare la cultura percorrendo una via originale e significativa, al di là di steccati disciplinari e confini nazionali», racconta lo studioso. L’intellettuale, nato a Cevio nel 1932 (morto a Roma nel 1988), proprio perché seppe interpretare la sua contemporaneità, fu uno straordinario mediatore tra cultura italiana e mitteleuropea, nonché traduttore di pensatori come Husserl, Benjamin, Binswanger e di autori svizzeri come Frisch e Dürrenmatt. Accanto alla personalità di intellettuale, quella di scrittore e cofondatore del Gruppo 63, «uno dei momenti culturalmente più vivaci del secondo dopoguerra in Italia». Ma non finisce qui. Filippini, personalità culturale poliedrica, è stato anche consulente editoriale per Feltrinelli, il Saggiatore e Bompiani; va altresì annoverata l’attività giornalistica presso ‘laRepubblica’ (1976-88). Lasciò il Ticino a 22 anni per studiare filosofia a Milano: «Era anticonformista, ribelle, dirompente anche per l’ambiente milanese. In Ticino fu a lungo guardato con sospetto e indifferenza, pochi ebbero la volontà di comprendere i meriti dell’intellettuale, che vanno ben oltre i confini regionali e nazionali».
Quale periodo del multiforme percorso di Filippini ha preso in considerazione? Perché?
Il libro si concentra sul quindicennio ’5469 che comprende il periodo di formazione filosofica all’Università degli Studi di Milano (all’insegna della fenomenologia, appresa alla scuola di Banfi e Paci) e
il lavoro di redattore editoriale alla casa editrice Feltrinelli. È anche il periodo in cui si condensa la sua attività letteraria e la sua partecipazione al Gruppo 63. Sono anni fondamentali sia per l’apprendistato intellettuale, sia per l’apertura della cultura italiana a un orizzonte internazionale. Interessante poi è stato cogliere il rapporto tra il Filippini scrittore della neoavanguardia e il Filippini letterato editore alla Feltrinelli, alle prese con un progetto di svecchiamento della letteratura italiana coeva.
Qual era l’idea di letteratura che Filippini coltivava? Attraverso quali esperienze portarla avanti?
La letteratura diventa per lui un terreno
di autoanalisi dove sfidare la propria soggettività, cercando di smascherare il personaggio che sentiva di essere nella sfera pubblica. La sua scrittura fu mossa da un’esigenza di autenticità, di denuncia della falsa coscienza, della passività imposta dalle ideologie ricevute. L’idea era quindi di promuovere opere dotate di una “moralità letteraria”, capaci di instaurare nel lettore una riflessione su questi temi. Avviò anche una riflessione sui modi in cui la letteratura può perpetuare l’ideologia negativa, il pensiero egemonico della classe borghese, tramite lo stesso linguaggio, le strutture narrative e i contenuti culturali. Fattori che lo spinsero a sostenere un’idea di letteratura sperimentale e alternativa a quella passivamente omologa alla società borghese.
Letteratura sperimentale rispetto a cosa e come?
Rispetto a prodotti riconducibili ancora alla poetica del neorealismo, ad esempio, che avevano perso il loro carattere di attualità e originalità. Per molti esponenti della neoavanguardia non era più sufficiente trattare i temi della modernità, le contraddizioni della società industriale, del neocapitalismo, dell’alienazione, senza rinnovare anche l’aspetto formale dei testi. I racconti di Filippini richiedono uno sforzo interpretativo per sciogliere l’enigma della forma, un impegno attivo del lettore per smascherare le strate- gie di falsificazione dell’autore e farne così scomparire “il personaggio”. C’è l’idea che attraverso lo sforzo interpretativo l’opera letteraria sperimentale possa inaugurare nel lettore un movimento analogo di autoanalisi.
Quindi chi era l’intellettuale?
Lavorando all’interno dell’industria culturale nel momento di massima espansione dell’editoria, Filippini intuì molto presto i pericoli di una letteratura di consumo e di intrattenimento incapace di offrire gli strumenti adatti per interpretare le sfide del presente. Secondo lui, l’intellettuale implicato nell’industria culturale aveva la possibilità (e il dovere etico) di spostare l’attenzione del pubblico su quei prodotti che non presentassero solo un vantaggio commerciale per l’editore ma anche e soprattutto un vantaggio culturale, un vantaggio conoscitivo.
Quale riverbero ha avuto l’esperienza di Filippini sulla vita culturale del Canton Ticino?
La sua esperienza è stata significativa per molti giornalisti, editor, non solo in Italia ma anche in Ticino. La sua figura negli ultimi anni è stata oggetto di studi, di convegni e di commemorazioni, ad esempio il Premio Filippini voluto da Irene Bignardi e Paolo Mauri agli Eventi Letterari del Monte Verità. Filippini è entrato anche nelle riflessioni di altri scrittori ticinesi, ad esempio nelle pagine che Alberto Nessi ha dedicato al rapporto tra Filippini e la Vallemaggia.
Nell’affrontare questa ricerca che cosa l’ha più sorpresa addentrandosi nel viaggio intellettuale di Enrico Filippini?
Mi ha colpito la grande generosità di Filippini. Dalle lettere emerge la sua dedizione nella divulgazione delle opere di altri scrittori, in cui era fermamente convinto della loro necessità culturale. Ad esempio nel carteggio tra lui e Sanguineti, che ho curato e che uscirà a maggio per i tipi di Mimesis, risulta anche lo spessore di un’amicizia che lasciò tracce consistenti nelle produzioni culturali di entrambi. Ma anche con Tabucchi, di cui fu non solo amico ma che anche talent scout alla Bompiani.
Marino Fuchs (www.marinofuchs.com) è presente agli Eventi Letterari del Monte Verità (22-25 marzo); segnaliamo la consegna del Premio Enrico Filippini a Jorge Herralde oggi alle 11 al Monte Verità.