laRegione

La forma ricreata

A Villa dei Cedri a Bellinzona apre la mostra dedicata a Burri, Fontana, Afro e Capogrossi

- di Claudio Lo Russo

Scampati alla guerra e ai realismi di regime, i migliori artisti trovano nell’astrazione una nuova libertà, e altri segni, colori, materie e superfici… Una mostra/dialogo significat­iva e originale, con al centro la grafica. «Molti pittori erano “marxisti” e tentarono di dipingere la società; altri tentarono invece di dipingere l’arte (postimpres­sionismo, cubismo), con lo stesso risultato. La grande svolta fu quando si decise di dipingere, solo di dipingere (...) L’artista, ormai solo, non voleva cambiare il mondo, desiderava soltanto che il suo quadro fosse un mondo». Queste parole di Harold Rosenberg, non a caso poste in apertura del catalogo, riassumono al meglio il più autentico spirito di un’epoca, tanto più in Italia, sul quale la mostra che oggi s’inaugura al Museo di Villa dei Cedri a Bellinzona apre una finestra in modo originale e significat­ivo. ‘Burri, Fontana, Afro, Capogrossi – Nuovi orizzonti nell’arte del secondo dopoguerra’ accosta infatti quattro artisti che, lungo vie espressive distinte ma a tratti sorprenden­temente prossime, prendono le distanze dall’arte del passato. Come spiegato ieri durante la presentazi­one alla stampa da Pietro Bellasi, sociologo dell’arte, «si tratta di un periodo estremamen­te drammatico, segnato da una grande esplosione di libertà, dopo che l’arte aveva dovuto a lungo sottoporsi a vari tipi di realismi, autoritari e dogmatici, a quella che io definisco un’arte segnaletic­a che non sopportava interpreta­zione e si voleva definita e definitiva». È in questi anni che, scampati alle fiamme dei persecutor­i della cosiddetta “arte degenerata”, artisti come Alberto Burri, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi e Afro Basaldella si staccano dai loro esordi figurativi e, come dice la direttrice del Museo, Carole Haensler Huguet, rimettono «in discussion­e i fondamenti dell’espression­e artistica». Un passaggio all’astrazione che «sembra assumere il ruolo catartico di una sorta di pulizia dell’anima e degli occhi». Veniamo così al percorso espositivo, al tipo di sguardo proposto sul lavoro di questi quattro artisti, e allo stesso tempo alla missione in cui si può identifica­re un piccolo museo di provincia. La mostra si concentra infatti in particolar­e sulla loro ricerca grafica, non senza metterla in relazione con altre tecniche da loro affrontate, come il disegno o il dipinto, se non addirittur­a la scultura nel caso di Fontana. In questo senso, grazie ai prestiti delle Fondazioni coinvolte nel progetto, la mostra bellinzone­se accende la luce su tutta una serie di opere meno conosciute di Burri, Fontana, Afro e Capogrossi, non meno interessan­ti e significat­ive; tanto più se osservate in dialogo da un lato con le produzioni “maggiori” di ciascuno di loro e dall’altro con le opere coeve degli altri tre. L’esposizion­e permetterà così a molti, magari anche a qualche addetto ai lavori, di fare scoperte sorprenden­ti; come i ‘Teatrini’ di Fontana e il contesto ampio e composito in cui maturano i suoi celeberrim­i tagli, oppure i ‘Bianchi e Neri’ o il tragitto che nel tempo porta alle ‘Combustion­i’ di Burri, oppure ancora la molteplici­tà di varianti in cui prende forma e si combina il tipico tridente di Capogrossi («frammento e al tempo stesso modello di infinito»). Come spiegato dalla direttrice, la mostra esprime una sua personale vocazione al dialogo culturale e alla scoperta del lavoro dietro le quinte degli artisti (anche attraverso alcuni interessan­ti video di supporto), con un allestimen­to che riesce a sfuggire il didattismo più schematico. L’obiettivo, in definitiva, è quello di rivelare al pubblico come «per tutti gli autori in mostra, la grafica non ha rappresent­ato un’attività secondaria e collateral­e alla pittura, ma è stata sempre una ricerca indipenden­te, attraverso la quale essi hanno potuto sperimenta­re nuove tecniche». Puntasecca, disegno, acquaforte, litografia, idropittur­a, incisione, “combustion­i” di plastica, acrilico e vinavil... Insomma, un percorso formale quanto mai ricco all’interno di una mostra che sa essere significat­iva, per ciò che espone e per come lo fa (fino al 2 settembre).

 ?? ©2018, PROLITTERI­S ?? In alto: Capogrossi, ‘Superficie CP/322’, 1966 e Fontana, ‘Concetto spaziale n.4’, 1961. Sotto: Afro, ‘Isola di Cleopatra’, 1974. A destra: Burri, ‘Serigrafia 5’, 1973-76
©2018, PROLITTERI­S In alto: Capogrossi, ‘Superficie CP/322’, 1966 e Fontana, ‘Concetto spaziale n.4’, 1961. Sotto: Afro, ‘Isola di Cleopatra’, 1974. A destra: Burri, ‘Serigrafia 5’, 1973-76
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