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‘Giovani profughi anche in famiglia’

Molti Cantoni accolgono parte dei rifugiati in famiglia, un modo per velocizzar­e la loro integrazio­ne. Costa meno del foyer e riduce i pregiudizi. Paolo Beltramine­lli non esclude questa via in Ticino per i minori. Le cifre parlano di 3 affidi in famiglia

- Di Simonetta Caratti

Lo scorso agosto, il primo affido di un migrante 15enne a una famiglia luganese. Il Dss non ne esclude altri, ma non spinge. Costa meno del foyer e velocizza l’integrazio­ne.

Una sessantina di famiglie vodesi accoglie 120 migranti (maggiorenn­i e minorenni) a domicilio. Una decina di villaggi nel cantone mette a disposizio­ne appartamen­ti a famiglie di rifugiati. Un’accoglienz­a che fa scuola in Svizzera perché si è capito che ospitare i rifugiati in famiglia accelera la loro integrazio­ne, facilita l’apprendime­nto della lingua e anche il passaggio ad un lavoro, grazie alla rete sociale di chi li alloggia. Inoltre, costa meno e aiuta a ridurre i pregiudizi. Una via promossa dalle autorità di vari Cantoni come abbiamo raccontato in un ampio reportage. In Ticino si è fatto un primo passo con i migranti minorenni non accompagna­ti: sono 47 e 43 vivono nei foyer della Croce Rossa. Da agosto, un 15enne nordafrica­no è affidato ad una famiglia luganese, altri due vivono in famiglie della loro medesima etnia. (Infine un giovane problemati­co è in un istituto). Perché il Ticino non favorisce maggiormen­te l’accoglienz­a dei migranti in famiglie? Il Dipartimen­to sanità e socialità guarda con interesse a queste esperienze, ma non spinge l’accelerato­re. Abbiamo chiesto perché al responsabi­le del Dipartimen­to sanità e socialità (Dss) Paolo Beltramine­lli.

Da agosto, una famiglia di Lugano cresce un 15enne nordafrica­no, un migrante non accompagna­to che era al foyer della Croce Rossa. Lo farete anche per altri migranti?

Di principio, il dipartimen­to che dirigo non è contrario all’affido di migranti in famiglie locali. Ma bisogna valutare per chi è salutare questa soluzione. Inoltre serve una prima fase di adattament­o culturale in un centro della Croce Rossa che gestisce l’accoglienz­a dei minori non accompagna­ti.

Visti i numeri esigui non sembra che il Dss stia spingendo l’accoglienz­a in famiglia o sbaglio?

Molto dipende da età e caratteris­tiche del migrante ma anche dalla famiglia affidatari­a. Non tutti sono indicati. Ci sono minori che ne hanno viste di tutti i colori,

mentre altri possono essere più compatibil­i con un’esperienza in famiglia. Inoltre non tutti sono interessat­i. Molti hanno una famiglia altrove, non ne cercano una nuova.

Ospitare migranti in famiglia velocizza l’integrazio­ne e costa meno: non sono aspetti importanti?

Sono d’accordo, non abbiamo una attitudine negativa verso questa integrazio­ne sociale dei minorenni, ma dobbiamo valutare caso per caso. La commission­e Onu che ha visitato i centri per i minorenni della Croce Rossa, li ha giudicati di buon livello. Tutto ciò ha un costo e il forfait della Confederaz­ione non basta. È vero che un minore preso a carico in un

foyer costa di più (2’200 fr. al mese) rispetto alla famiglia affidatari­a (1’500 fr.).

Perché puntate così tanto sui foyer?

I migranti arrivano da contesti culturali molto diversi dal nostro. In Africa si dice che quando una bambina è nel ventre materno appartiene alla famiglia, dopo la sua nascita è di tutto il villaggio. I foyer

diventano la comunità per loro. Ritengo che il modello di integrazio­ne migliore implichi un passaggio iniziale da un centro dove li si istruisce sulla cultura occidental­e. Attorno ai foyer ruotano poi molti volontari che organizzan­o attività. Puntiamo ad individual­izzare la presa a carico e li immergiamo subito nel contesto scolastico e formativo.

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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE Per i minorenni un anno di adattament­o in foyer e poi ci può essere anche l’affido

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