laRegione

La svolta ancora non c’è stata

- Di Marzio Mellini

Si può invocare la malasorte, ci si può scagliare contro l’incertezza di Kiassumbua – papera è stavolta un termine esagerato – ma resta il fatto che se svolta avrebbe dovuto essere – dopo sei sconfitte di fila e l’avvicendam­ento sulla panchina tra Tami e Abascal –, svolta non c’è stata. Se ne è avvertito qualche segnale, quando Junior di testa ha fulminato il pessimo Faivre (la sua sì che è una papera, in uscita), ma la recita del Lugano è rimasta sotto il livello di agonismo e intensità che ci avrebbe autorizzat­o a usare il termine “svolta” in sede di analisi. Il pareggio casalingo contro una squadra che ha tirato in porta una sola volta (anzi due, nell’azione del gol), ha concesso una rete in avvio di confronto, a Janko di centrare la traversa ancora nel primo tempo, equivale a una sconfitta. Non basta che ci sia più di un motivo di rammarico sul conto del Lugano per catalogarn­e l’1-1 di Cornaredo come un buon risultato. L’affare, semmai, lo ha fatto il Thun, modesto e inconclude­nte ma capace di tornarsene a casa con il quarto risultato utile di fila e con un punticino che non è caduto dal cielo, bensì è stato conquistat­o sul campo di una rivale diretta in una lotta contro la retrocessi­one che è diventata un vero rebus di complicata soluzione. Lugano-Thun è una di quelle partite che i bianconeri, a maggior ragione sotto la spinta emotiva di un cambio di allenatore convinto che i suoi giocatori avessero “gli occhi della tigre”, avrebbero dovuto vincere. Ne è uscito un pareggio, tra segnali incoraggia­nti e vecchi difetti. Tra i quali, un furore agonistico e un’efficacia decisament­e perfettibi­li.

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TI-PRESS/D. AGOSTA E ora il Tourbillon

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