Ricordando Carlo Speziali
A venti anni dalla morte e a cinquant’anni dagli eventi del Sessantotto, ricordare Carlo Speziali è un atto di rilievo culturale più che politico. È difficile togliere un personaggio dal possesso geloso ed esclusivo di un partito per riconsegnarlo alla storia. Tuttavia la prima riflessione che s’impone è quella che considera, nel tempo, gli atti del Sessantotto, per verificarne gli effetti. Dopo cinque decenni, i giovani protagonisti di una “storia” oggi fingono d’ignorare la qualità culturalmente scadente delle sementi usate. Si è assistito spesso al mortificante spettacolo d’“intellettuali” che abbracciavano e diffondevano idee marxiste, più per risentimenti nutriti dall’odio verso il pensiero liberale e umanista che per convinzioni profonde. La verifica della fragilità delle convinzioni dei giovani studenti che si riunivano, a chiacchierare in un’aula “occupata” l’ha fatta la storia stessa quando si è preso atto del loro rientro nei ranghi dell’aborrita “classe borghese”. Passare direttamente dal cristianesimo al marxismo senza aver capito l’importanza fondamentale della rivoluzione dei lumi, ha contribuito a configurare il populismo oggi presente con una maggioranza relativa nel governo del Ticino. Carlo Speziali era cresciuto in valle, dove le regole del gioco della vita gli sono state imposte da un ambiente rurale difficile. E male fece GB Rusca, da quarant’anni sindaco di Locarno, quando, mortificato dalla vittoria schiacciante che designava il giovane Speziali sindaco di quindicina, a manifestargli il suo disprezzo, tacciandolo come uno… vegniù giù dai sbricch… uno sceso dai dirupi. Fernand Braudel, che si definiva “lo storico dalle radici contadine”, aveva teorizzato che le città traggono nutrimento dall’immigrazione di gente della campagna, ovviamente, com’è stato il caso da noi. La Valle Onsernone, negli ultimi due secoli, si è sempre distinta per la presenza prima di forti correnti liberali illuministe provenienti dalla Francia con l’emigrazione, poi, i gessatori che stagionalmente lavoravano nella Svizzera francese avevano portato in valle idee marxiste. Il legame dei radicali ticinesi con la Francia aveva fatto sì che il Plrt si distinguesse dai liberali della Svizzera tedesca. Idee radicali diffuse prima da GB Rusca che alla Conferenza della Pace di Locarno del 1925 aveva stretto un legame d’amicizia con Aristide Briand, poi con Speziali che, deputato al Nazionale, a Berna si era legato con il consigliere federale Georges-André Chevallaz. Se si considera la “storia” di questi venti anni ci si può chiedere quali sono gli elementi che hanno portato all’abiura cinica dei valori illuministi i liberali. Il primo è lo smantellamento, lento ma costante, della Legge tributaria del 1950 di Brenno Galli. Era una Legge basata su principi liberali dell’uguaglianza e della necessità di ridistribuire la ricchezza. Galli, un personaggio di quella destra liberale luganese, colta, e rispettosa del principio dell’uguaglianza solidale, al quale Speziali ha dedicato un libro pubblicato da Casagrande nel 1989, fu promotore di una fiscalità oggi invisa a chi sta promuovendo le nuove aristocrazie del denaro che sostituiscono, senza averne la cultura e i moventi etici, quelle del sangue degli antichi regimi monarchici. Già il fatto d’affermare su un documento del Governo, stampato in occasione della votazione della Riforma fiscale del prossimo 29 aprile, che l’1% dei contribuenti paga il 60% delle imposte sulla sostanza e sul capitale, argomento paradossalmente citato per sgravare ancora questo ceto privilegiato, riflette lo spirito del tempo. Abbiamo così una situazione in cui la ridistribuzione della ricchezza per mezzo della fiscalità è rovesciata. Gli sgravi proposti favoriscono l’un per cento di ricchi che diventano sempre più ricchi. Il ceto medio creato dai radicali, in particolare con l’impiego nel servizio pubblico, è così destinato all’estinzione e i poveri diventano sempre più poveri.