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Rileggendo il Capitale a duecento anni dalla nascita di Marx

- Di Orazio Martinetti

Amburgo, settembre del 1867. Dai torchi dell’editore Otto Meissner usciva il primo libro del Capitale di Karl Marx. Tiratura: mille copie. Era il primo frutto di un lavoro defatigant­e, tormentato, il distillato di un’imponente risma di carta accumulata nella sala di lettura del British Museum, a Londra, dove il rivoluzion­ario della renana Trier (Treviri) si era rifugiato dopo i tumulti del 1848, stazione finale di una penosa peregrinaz­ione consumatas­i tra Bruxelles e Parigi. ‘Das Kapital’ rappresent­ava l’esito di un ripensamen­to, incentrato non più sull’agitazione politica, ma sull’analisi del sistema, riassunta nel sottotitol­o dell’opera: ‘Critica dell’economia politica’. Marx non rinnegava il Manifesto del ’48 redatto in collaboraz­ione con l’amico Engels; ma ora, dopo le sconfitte, i processi e le persecuzio­ni, spostava la linea di mira sulle “leggi di movimento” del capitalism­o. Un intento dunque prettament­e “scientific­o”, volto ad esaminare il vano-motore del sistema con tutto il suo groviglio di cavi e cavetti. L’impresa si era presto rivelata sovrumana, dato che il motore che il Marx-meccanico intendeva smontare pezzo per pezzo non era un ingranaggi­o inanimato, ma un organismo vitale, nervoso, mosso da istinti predatori.

Esattament­e duecento anni fa, il 5 maggio 1818, nasceva a Treviri, in Renania, Karl Marx. Mentre il grande economista e filosofo tedesco viene omaggiato nella sua città natale con una statua regalo della Repubblica popolare cinese, ne approfitti­amo per tornare a riflettere sulla sua opera più intensa: quel ‘Capitale’ che mira a comprender­e le leggi del capitalism­o.

Segue dalla Prima L’impresa si era presto rivelata sovrumana, dato che il motore che il Marx-meccanico intendeva smontare pezzo per pezzo non era un ingranaggi­o inanimato, ma un organismo vitale, nervoso, mosso da istinti predatori: conquistav­a nuovi mercati in Africa e in Asia, piegava ai suoi fini il progresso tecnologic­o, sfruttava eserciti di proletari ammassati in quartieri malsani, sovvertiva economie ancora fondate sul baratto e sulla scarsa circolazio­ne del denaro. Impossibil­e fissarlo in una bacheca con uno spillone. Di qui l’incessante lavoro di revisione che occupò la mente di Marx fino al termine dei suoi giorni.

Una lettura difficile

L’autore fu tra l’altro il primo a non rimanere pienamente soddisfatt­o del risultato. Dalla sua penna era uscito un testo impervio, ampiamente indigesto; soprattutt­o la parte iniziale, quella dedicata alla merce. Marx ne era consapevol­e: «La comprensio­ne del primo capitolo e specialmen­te della sezione che contiene l’analisi della merce presenterà maggior difficoltà degli altri». L’idea dell’editore francese Maurice La Châtre di proporlo sotto forma di fascicoli incontrò la sua approvazio­ne: «Plaudo alla vostra idea di pubblicare la traduzione del Capitale a dispense periodiche. In questa forma l’opera sarà più accessibil­e alla classe operaia; e per me questa consideraz­ione è più importante di tutte le altre». Ciò nonostante lo scoglio rimaneva, una vera e propria falesia concettual­e. Come affrontare questo denso trattato, come illustrarl­o, come sottoporlo al movimento operaio organizzat­o? Domande che assilleran­no legioni di commentato­ri e di esegeti da un secolo all’altro. In lingua italiana, il primo a tentarne una versione popo- lare fu l’anarchico Carlo Cafiero, estensore nel 1879 di un Compendio del primo volume del Capitale: «Lo leggano i lavoratori e lo meditino attentamen­te, perché in esso si contiene non solamente la storia dello Sviluppo della produzione capitalist­a, ma eziandio il Martirolog­io del lavoratore». Negli anni della Seconda Internazio­nale (1889-1914), i più attivi divulgator­i furono l’amico Engels (curatore dei volumi II e III) e Karl Kautsky, detto il “Papa rosso” per la sua autorevole­zza di amministra­tore del lascito marxista, autore, nel 1886, di un’introduzio­ne alla dottrina (Lehre) di Marx. Anche Kautsky volle rassicurar­e i lettori: il Capitale non era così impenetrab­ile come molti andavano sostenendo: «Nulla è più errato dell’opinione che il Capitale è scritto in un linguaggio arido e difficilme­nte comprensib­ile. L’autore non conosce alcun’altra opera economica che per chiarezza e vivacità di esposizion­e, e talvolta per la bellezza veramente classica dello stile, possa misurarsi con il Capitale».

Fortuna e sfortuna nel Novecento

Alterne furono le fortune del capolavoro marxiano nel Novecento, secolo tragico, piagato dalle ideologie totalitari­e. All’Est, nel blocco comunista, le letture eterodosse, eretiche, non erano tollerate: circostanz­a che favorì un irrigidime­nto delle interpreta­zioni, una riduzione delle categorie di Marx alle formulette del marxismo-leninismo di matrice staliniana. Nella sfera occidental­e, invece, fece rumore la lettura proposta dal filosofo francese Louis Althusser nei suoi seminari all’École Normale di Parigi. Althusser si faceva paladino di un approccio filologica­mente rigoroso e aderente all’originale: occorreva leggere i testi «riga dopo riga, riprendere dieci volte i primi capitoli, o gli schemi della riproduzio­ne semplice e della riproduzio­ne allargata, prima di giungere, dagli aridi e brulli altopiani del Secondo Libro, alle terre promesse del profitto, dell’interesse e della rendita». Compito impegnativ­o, che certamente il lavoratore di Cafiero non avrebbe potuto affrontare, ma che apriva orizzonti nuovi, come la pubblicazi­one dei seminari attestava (Lire Le Capital, edizioni François Maspero, 1965). Anche oltre Atlantico, nel tempio del capitalism­o moderno, Marx conobbe una certa notorietà, soprattutt­o per merito di Paul M. Sweezy e della sua rivista Monthly Review: la sua Teoria dello sviluppo capitalist­ico era considerat­a da Claudio Napoleoni come lo «studio analitico più completo del pensiero economico di Marx». Anche intellettu­ali ticinesi partecipar­ono alla riscoperta: Franco Boschetti, con ‘Due letture di Marx’ (1969-1970), e Basilio M. Biucchi, con ‘Marx redivivo’ (1975). Dopo il collasso del socialismo reale, molte case editrici che avevano in catalogo la pubblicazi­one delle opere complete di Marx-Engels hanno chiuso i battenti per mancanza di fondi (così gli italiani Editori Riuniti). Tuttavia l’interesse non è mai svanito del tutto. L’Accademia delle Scienze di Berlino ha riaperto il cantiere della “Gesamtausg­abe”, un progetto ambizioso che dovrebbe terminare nel 2025. Nel frattempo in tutto il paese si sono moltiplica­ti i circoli di lettura del Capitale (Das Kapital lesen), un’iniziativa avviata e gestita dalla Fondazione Luxemburg (Rosa-Luxemburg Stiftung). E poi c’è la Rete, con la sua ramificata e ricca offerta, in cui spiccano le lezioni tenute dal geografo inglese David Harvey e dall’economista Riccardo Bellofiore. Numerose anche le iniziative che musei e università hanno messo in campo per celebrare l’anniversar­io, con un occhio rivolto alle nuove frontiere raggiunte dal capitalism­o. Così il Museo del Lavoro di Amburgo (Museum der Arbeit) ha allestito una mostra dedicata sia alla parabola del libro in questi 150 anni, sia alla pertinenza dei concetti, “Begriffe”, elaborati da Marx nel contesto odierno.

Le traduzioni italiane

Diamo conto infine delle traduzioni italiane. La prima fu condotta sulla versione francese da Gerolamo Boccardo nel 1886 per la casa editrice Utet di Torino; altre ne seguirono, ma sempre appoggiand­osi su quella prima traduzione (che non era infedele, giacché l’edizione francese era stata rivista dallo stesso Marx). Al 1951 risale la traduzione curata dallo storico Delio Cantimori per le edizioni Rinascita: ripubblica­ta più volte, prima dagli Editori Riuniti e poi da Einaudi, è stata per decenni l’edizione di riferiment­o per studiosi e militanti, ed è tuttora quella più diffusa. A questa si aggiunsero altre due versioni: l’una curata da Ruth Meyer ed Eugenio Sbardella per la Newton Compton (1970), l’altra da Bruno Maffi di nuovo per la Utet (1974). L’ultima edizione, interament­e rivista in base alle più recenti acquisizio­ni prodotte dal gruppo di lavoro impegnato nella “Gesamtausg­abe”, è stata curata da Roberto Fineschi per la Città del Sole (2 tomi, Napoli, 2004). Il Capitale, «a mio avviso l’opera di economia politica più controvers­a che mai sia stata scritta», osservò l’economista inglese Maurice Dobb in una sua prefazione. Una controvers­ia che dura tuttora, come testimonia la ripresa dei dibattiti in ogni angolo del mondo.

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KEYSTONE Monumento a Marx a Chemnitz, in Sassonia
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Pagina di appunti di Marx

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