Il voto tiene May a galla
Londra – Non c’è stato il sorpasso. Nelle elezioni locali di giovedì, il Labour di Jeremy Corbyn non è riuscito a dare l’annunciata spallata al fragile esecutivo conservatore di Theresa May. Anzi, le urne hanno sì confermato la persistente polarizzazione dell’elettorato generata dalla Brexit, ma mantenendo di fatto inalterato lo status quo. Da una parte i centri urbani, soprattutto le città metropolitane, in mani laburiste; dall’altra le aree rurali, ad alta densità euroscettica, bastione Tory. Mentre anche a Londra non vi sono stati scossoni di rilievo. Neppure nel borough di Kensington e Chelsea che meno di un anno fa aveva eletto la sua prima deputata laburista di sempre, Emma Dent Coad. Un trend locale che trova conferme su scala nazionale, in una consultazione pur limitata all’Inghilterra: la progressione del Labour neo-socialista di Corbyn c’è stata ma tuttavia sotto le attese. Il bottino finale, per la sinistra, è di oltre 70 consigli locali, dato che conferma la vittoria amministrativa del 2014, con circa 2’300 eletti (una sessantina in più). Ma i Tories reggono bene nelle zone euroscettiche – confermandosi per molti versi il partito della Brexit e fagocitando come avevano già fatto alle politiche del 2017 l’Ukip che fu di Nigel Farage, praticamente azzerato. In ogni caso, ognuno si consola come può. May ha parlato di sfida fallita del Labour, mentre Corbyn ha rivendicato un primato nazionale di consensi che, nella capitale del Regno, nota il sindaco laburista Sadiq Khan, si traduce nel controllo di 21 municipi di quartiere su 32 e nel “miglior risultato di sempre dal 1971”. Risultato che non basta ancora a legittimare le aspirazioni da primo ministro di Corbyn. Ma per le politiche c’è ancora tempo.