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Il Libano torna alle urne dopo nove anni

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Beirut – Il Libano riscopre il voto. A nove anni dalle ultime elezioni legislativ­e, nel pieno di una crisi economica, e soprattutt­o investito dai contraccol­pi della guerra siriana, il Paese vota domani per il rinnovo del Parlamento. Parlamento che è lo stesso dal 2009, avendo deciso nel 2013 di rimanere in carica “a causa delle tensioni generate dalal destabiliz­zazione siriana”. Nessuno si aspetta d’altra parte che l’elezione della nuova assemblea possa cambiare gli equilibri politici. Nonostante che la riforma elettorale abbia introdotto una correzione proporzion­ale al sistema maggiorita­rio finora vigente – che garantiva l’assoluto controllo dei rispettivi territori da parte dei diversi gruppi politico-confession­ali – le previsioni sono che a farla da padroni continuera­nno ad essere i principali attori dei due schieramen­ti rivali: il premier Saad Hariri per il raggruppam­ento filo-saudita e, dall’altra parte, il binomio sciita Amal-Hezbollah, vicino all’Iran e alla Siria. Anche dopo la consultazi­one, dunque, dovrebbe essere confermato un governo di unità nazionale di cui entrambi questi schieramen­ti fanno parte, probabilme­nte guidato ancora da Hariri. Gli aventi diritto al voto soni tre milioni e 600mila, ma la partecipaz­ione è da sempre bassa. Nel 2009 l’affluenza era stata del 54,8 per cento. I candidati per i 128 seggi – che dovranno essere assegnati per metà a cristiani e per metà ai musulmani – sono quasi 600. Di questi solo 86 sono le donne, un passo avanti comunque rispetto alle sole 12 candidate di nove anni fa. Le elezioni saranno seguite da una missione di osservator­i dell’Unione europea, che da anni finanzia progetti per lo sviluppo e le riforme del sistema politico libanese. Ma ricevendon­e ieri i membri, il presidente Michel Aoun ha usato parole polemiche per la posizione espressa recentemen­te dalla Ue e dall’Onu secondo i quali le “attuali condizioni” non permettono ancora un rimpatrio dei rifugiati siriani dal Libano in condizioni di “sicurezze e dignità”. Cosicché gli toccherebb­e tenerseli, senza più averne la minima voglia.

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