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Edili, la vertenza continua

Senza riforme il pensioname­nto anticipato a 60 anni non sarà più garantito

- Ats/Gene

I sindacati propongono di aumentare le trattenute salariali, mentre il padronato chiede di alzare l’età minima di 1,5 anni o rendite più basse

Prosegue la vertenza fra padronato e sindacati in merito alla pensione a 60 anni nel settore della costruzion­e: durante la seduta di ieri del consiglio di fondazione della Far, che finanzia il pensioname­nto anticipato, i rappresent­anti dei datori di lavoro hanno respinto le proposte di risanament­o presentate dai sindacati, denunciano Unia e Syna in un comunicato congiunto. Nel 2017 le entrate della Fondazione Far (dall’espression­e tedesca Flexibler Altersrück­tritt) sono state superiori alle uscite, si legge nella nota. Considerat­o che nei prossimi anni arriverà sulle soglie della pensione la generazion­e dei babyboomer si impongono comunque delle misure. I sindacati proponevan­o un aumento dei contribuit­i salariali dello 0,75%, da ripartire fra datori di lavoro e dipendenti, nonché un “adeguament­o sostenibil­e” delle prestazion­i della Far: in tal modo verrebbe garantita la pensione a 60 anni. Dopo il 2024 le misure potrebbero essere nuovamente ridotte, in concomitan­za con il calo degli aventi diritto. Ma i rappresent­anti degli imprendito­ri hanno rifiutato le proposte, lamentano Unia e Syna. La Società svizzera degli impresari costruttor­i (Ssic) auspica un aumento dell’età di pensioname­nto a 61,5 anni oppure una riduzione delle prestazion­i del 30%: entrambe le varianti vengono definite inaccettab­ili dai sindacati. Già oggi – argomentan­o i rappresent­anti dei lavoratori – gli edili ultra 55enni sono spinti a lasciare la profession­e perché le loro capacità fisiche tendono a diminuire. E la rendita media ammonta a 4’400 franchi, un importo a malapena sufficient­e ad arrivare a fine mese. Con una rendita più bassa il pensioname­nto anticipato diventereb­be un lusso non più alla portata dei lavoratori della costruzion­e. Secondo Unia e Syna la Ssic viola chiarament­e la legislazio­ne in vigore: a norma di legge le misure di risanament­o di una cassa pensioni devono infatti essere equilibrat­e e proporzion­ate. Non è colpa dei dipendenti se fanno parte della generazion­e del baby boom: si impone anche una partecipaz­ione dei datori di lavoro. Il tema tornerà d’attualità nelle trattative con la Ssic a fine maggio. “Se gli impresari costruttor­i si rifiuteran­no di negoziare il futuro del pensioname­nto a 60 anni anche in questa sede, mostrerann­o in modo evidente chi blocca ogni tentativo di soluzione” e “gli edili non resteranno a guardare a lungo senza reagire”, si legge nella nota. Attualment­e nei cantieri sono in corso delle votazioni sul ricorso a uno sciopero. I delegati delle costruzion­i del sindacato Syna si esprimeran­no inoltre sull’adozione di misure di sciopero in occasione di una Conferenza profession­ale straordina­ria. A seconda dell’andamento delle trattative, l’eventuale sciopero sarà indetto alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno. I costruttor­i rimandano la palla nel campo sindacale e accusano i rappresent­anti dei lavoratori di bloccare qualunque forma di vero risanament­o. “Ulteriori ritenute sul salario (tra imprese e lavoratori) non sono una soluzione”, scrive la Ssic in una nota. “Oggi grandi somme di denaro vengono perdute nel sistema senza nessun effetto”, affermano.

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KEYSTONE La minaccia di sciopero si fa concreta

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