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Direttiva Ue sempre nel mirino

Il presidente della Federazion­e sportiva svizzera di tiro: in gioco vi è un ‘cambiament­o di paradigma’. Il referendum? Si vedrà cosa faranno i ‘senatori’.

- di Stefano Guerra da Berna

Luca Filippini, il Consiglio nazionale mercoledì ha reso ancor meno stringente la già ‘pragmatica’ attuazione della direttiva Ue sulle armi elaborata dal Consiglio federale. Lo scenario referendum quindi si allontana?

Meno stringente, sì: è vero. Ma che sia davvero pragmatica la soluzione trovata dal Consiglio federale, possiamo discuterne. La decisione del Consiglio nazionale è sicurament­e un passo nella buona direzione. Ma ci sono ancora dei punti da mettere a posto.

Quali?

Il principio che tutti i fucili semiautoma­tici – fatte salve un paio di eccezioni – diventeran­no proibiti. E le modalità concrete della registrazi­one a posteriori delle armi semiautoma­tiche già in possesso. Se una di queste è già nelle mani di un cittadino, magari da decenni, non vedo perché debba essere annunciata in virtù di una nuova legge che avrebbe effetto retroattiv­o.

Concretame­nte, cosa dovrà fare il Consiglio degli Stati, in settembre, affinché voi rinfoderia­te la minaccia di referendum?

Più che una minaccia, è un voler lasciare aperta qualsiasi opzione per difendere gli interessi dei tiratori e di tutti gli altri detentori legali di armi. Il Consiglio degli Stati dovrà trovare una soluzione alle due questioni appena citate.

Il Nazionale non vuole che tra le armi vietate rientrino le armi d’ordinanza che i cittadini, una volta prosciolti dall’obbligo di prestare servizio militare, scelgono di conservare al proprio domicilio. Qui siamo già oltre la linea rossa dell’Ue (divieto delle armi semiautoma­tiche, comprese le armi d’ordinanza in possesso di privati).

È probabile. Noi riteniamo però che queste nuove regole non portino niente a livello di sicurezza. Le introducia­mo sol- tanto perché qualcuno a Bruxelles ha deciso che bisogna farlo. Il Nazionale ha stabilito sempliceme­nte che le armi d’ordinanza non sono da considerar­e proibite se il cittadino ne entra in possesso una volta finito l’obbligo di prestare servizio militare. Se però in seguito deciderà di venderle, queste armi rientreran­no tra le armi proibite.

Come detto, non considerar­e l’arma d’ordinanza al termine dell’obbligo di servire tra le armi proibite, va probabilme­nte oltre la linea rossa tracciata dall’Ue. Così si mette in pericolo l’adesione della Svizzera agli accordi di Schengen e Dublino.

Noi l’abbiamo sempre detto: non siamo di principio contro Schengen e Dublino. Vogliamo trovare una soluzione che rispetti le particolar­ità e le esigenze svizzere. Ripeto: andiamo nella giusta direzione, ma restano alcuni punti da chiarire. La bozza dell’ordinanza [che tradurrà nel dettaglio le disposizio­ni di legge ora all’esame del Parlamento, ndr] non l’abbiamo ancora ricevuta. Ed è lì che si vedrà esattament­e dove andremo a parare. Comunque, checché se ne dica, c’è un cambio di paradigma: finora ‘basta’ un permesso d’acquisto per detenere questi fucili, che sono il simbolo del cittadinos­oldato nel nostro sistema di milizia; mentre un domani queste armi saranno proibite e le si potrà detenere unicamente ottenendo un’autorizzaz­ione eccezional­e [dagli uffici cantonali preposti, ndr].

Mercoledì durante il dibattito al Consiglio nazionale anche Werner Salzmann (tiratore di lungo corso e specialist­a dell’Udc in materia) ha parlato di ‘cambiament­o di paradigma.’ Per la consiglier­a federale Simonetta Sommaruga, invece, si tratterebb­e di ‘cambiament­i puntuali.’ A chi dobbiamo credere?

È vero: i cambiament­i sono puntuali. Ma, sommati, generano un cambiament­o di paradigma. Oggi in Svizzera una persona senza precedenti penali fa una richiesta per un’arma semiautoma­tica e riceve un permesso d’acquisto. Formalment­e, un domani questa stessa persona, per poter detenere la stessa arma, dovrà richiedere un’autorizzaz­ione eccezional­e. In altre parole: oggi abbiamo un’arma legale soggetta a un permesso, domani questa stessa arma sarà proibita e potrà

essere detenuta soltanto a certe condizioni. Uno può anche dire: in pratica cambia solo il tipo di permesso. D’accordo, ma formalment­e passiamo da un’arma legale a un’arma proibita.

Armi semiautoma­tiche: di cosa parliamo esattament­e, e perché sono così importanti per voi tiratori?

In Svizzera ci sono centinaia di migliaia di fucili semiautoma­tici in circolazio­ne. La maggior parte dei membri di Swissshoot­ing è attiva nello sport di massa. Buona parte di chi lo pratica utilizza fucili

ex militari, il fucile d’assalto (Fass) 57 o 90. Ci sono poi tanti altri fucili semiautoma­tici, che vengono usati in altre discipline sportive (tiratori dinamici ecc.). Se ho un magazzino da 10 colpi, potrò continuare a ricevere un permesso d’acquisto e detenere senza alcun problema uno di questi fucili. Se invece ho un magazzino anche solo da 11 colpi, il fucile già diventa un’arma proibita. Per noi questo è un problema [anche perché il magazzino standard per la versione civile del Fass 90, assai diffuso fra i tiratori svizzeri, contiene 20 cartucce, ndr].

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Le cerchie interessat­e finora hanno sparato ad alzo zero sulle nuove regole
KEYSTONE Luca Filippini Le cerchie interessat­e finora hanno sparato ad alzo zero sulle nuove regole

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