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Ospedali meno sicuri degli aerei

- Di Simonetta Caratti

Un difetto sistematic­o scoperto sul motore di un Boeing 757 in un Paese qualsiasi porterebbe immediatam­ente ad un’ispezione a tappeto di tutti i velivoli di linea e alla correzione del problema in tutto il mondo. La sicurezza di chi vola prima di tutto. Come le compagnie aeree, anche gli ospedali sono responsabi­li ogni giorno della vita di tante persone. Eppure, la sicurezza sanitaria è rimasta parecchio indietro rispetto ad altri settori economici. Il parallelo tra sanità e aviazione, è farina del sacco del professor Liam Donaldson che è delegato dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità (Oms) per la sicurezza dei pazienti. È uno dei massimi esperti del settore e in un articolo su ‘Lancet’ (del 2004) illustrava quanto c’è da fare nei nosocomi per promuovere una cultura della sicurezza. Un errore che mette a rischio vite dei pazienti, rilevato in Canada o in Svizzera, non porta oggi a correzioni simultanee nei servizi sanitari di tutto il mondo. A volte nemmeno nello stesso Paese o cantone, come dimostra la cronaca ticinese, dove a 13 anni di distanza due pazienti hanno subito gravi errori medici che potevano essere evitati. Nel 2001 all’ospedale Civico di Lugano è stato operato un paziente alla gamba sbagliata. Poi sono state introdotte check-list e verifiche per marcare l’arto da operare e verificare l’identità di chi finisce sotto i ferri e per che cosa. Tredici anni dopo, alla Clinica Sant’Anna hanno operato la paziente sbagliata. La vittima del clamoroso scambio di paziente, cui doveva essere asportato un piccolo nodulo tumorale sotto un capezzolo, si ritrovò con entrambi i seni amputati. Emerse che non tutti in sala operatoria facevano check-list e verifiche complete, che avrebbero evitato il peggio. Perché continuano a succedere gli stessi errori? Secondo il nostro interlocut­ore – massimo esperto mondiale in materia che intervisti­amo a pagina 2 – perché manca una cultura della sicurezza in parecchie strutture sanitarie. Un tema approfondi­to da pochi ricercator­i, che non è nei curriculum di studio. L’auspicio è che lo diventi, così da formare nuove generazion­i di medici e operatori sanitari con uno sguardo diverso sulla profession­e, rendendola più sicura per tutti. Intanto, meglio essere informati, sapere come scegliere dove farci curare. All’esperto abbiamo chiesto come riconoscer­e un nosocomio sicuro. Vari gli indicatori: i controlli standardiz­zati in sala operatoria, i tassi di infezione bassi, avere una banca dati dove si registrano tutti gli errori segnalati, li si analizzano e si prendono contromisu­re. «Non andrei in una struttura che non lo fa, significa che nascondono gli errori», ci dice il prof. Donaldson. Un buon indicatore è anche la gerarchia: meno ce n’è, meglio è, perché significa che tutti sono considerat­i allo stesso livello, sono ascoltati e possono segnalare ciò che non funziona. Nessuno si salva. In Svizzera un paziente su 10 è vittima di un errore in ospedale e la metà era evitabile. Significa che su 5mila decessi l’anno, 3mila erano evitabili. Quante vite distrutte e quanta sofferenza gratuita! Ma perché sappiamo così poco di tutto ciò? Il motivo spesso è la mancanza di trasparenz­a da parte di quelle strutture sanitarie che per paura di finire in prima pagina nascondono, quando possono, gli errori anche ai pazienti. Quanti hanno subito lesioni ‘collateral­i’ e non lo sapranno mai? Solo promuovend­o una cultura della segnalazio­ne e non un clima di colpa sarà possibile fare passi avanti per tutti.

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