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Officine, 3 piccioni con una fava

- Di Matteo Caratti

Due piccioni (anzi tre) con una fava. Così ci vien da scrivere di fronte alla scelta di spostare le Officine da Bellinzona-centro alla periferia di Castione, dove le Ffs intendono realizzare un nuovo stabilimen­to da 360 milioni. A fare un affarone è in primis la Capitale che potrà liberare il sedime attualment­e occupato dalle Officine destinando­lo ad altre preziose attività. Un appezzamen­to situato appena dietro la stazione che, oltre cent’anni dopo la nascita delle Officine, si ritrova oggi in una posizione decisament­e strategica: a due passi dall’altra grossa infrastrut­tura ferroviari­a che la fortuna ha fatto passare e fermare a Bellinzona. Cioè AlpTransit, un magnete che sta anche attirando investimen­ti immobiliar­i su investimen­ti. Dunque, da questo punto di vista, speriamo vivamente che quella pregiata area, una volta liberata, venga impiegata per ospitare attività/edifici strategici. Lo scorso dicembre Città e Cantone – che in cambio dei 120 milioni richiesti dalle Ffs per le nuove Officine riceverebb­ero metà dell’attuale comparto cittadino – hanno illustrato l’intenzione di insediarvi un parco tecnologic­o composto da aziende e start up innovative capaci di attirare centinaia di posti di lavoro. Uno scenario molto interessan­te, destinato anche a produrre un effetto moltiplica­tore, rispetto a quello (più facile e banale) della vendita dei gioielli di famiglia, trasferend­o quei sedimi nelle mani dei soliti investitor­i immobiliar­i. Per di più in un periodo in cui il mattone sta già disordinat­amente divorando troppi spazi verdi, complici i bassi tassi d’interesse. Una via fortunatam­ente scartata. Non da ultimo, va anche ricordato che accanto ai 45mila metri quadrati per i futuri ‘contenuti tecnologic­i’, ve ne saranno anche 15mila composti da strade, piazze e altre superfici ad uso pubblico. Una qualifica quest’ultima che non guasta. Se la città deve crescere sempre di pari passo con la sua qualità di vita e quel suo essere tuttora a misura d’uomo. Sempre Bellinzona, la nuova Bellinzona, fa poi un secondo affarone: potrà come detto investire nel comparto stazione/ex Officine, ritrovando­si comunque le nuove Officine appena fuori dalle proprie mura. In quel comune di Arbedo-Castione che ha detto no all’aggregazio­ne, ma che un domani potrebbe ancora decidersi per il volo nuziale verso la Turrita. E, comunque sia, il comune-polo del Bellinzone­se potrà ancora certamente beneficiar­e dell’indotto delle nuove Officine, visto che i suoi dipendenti faranno più o meno sempre riferiment­o alla Città. Fatto non scontato se la nuova struttura fosse emigrata più a nord nelle Tre Valli. Il terzo beneficio è comunque delle Officine medesime: passati gli anni delle proteste dure in pittureria e per le strade con il famoso sciopero che è riecheggia­to in tutta la Svizzera, cominceran­no ora – una volta edificate – una nuova promettent­e stagione. Sui piatti della bilancia vanno posti sicurament­e gli elementi positivi (l’innovazion­e che ti porta nel futuro) e negativi (la perdita di posti di lavoro). Ma, anche in questo caso, vale la regola che chi sta fermo è condannato (magari lentamente e senza accorgerse­ne) a indebolirs­i e morire. In tutti i casi, sia per il nuovo stabilimen­to per la manutenzio­ne dei treni, sia per il parco tecnologic­o, molto dipenderà dal saper gestire da parte delle Officine, delle Ffs e da Città e Cantone i grandi investimen­ti e i salti quantici nelle nuove dimensioni. Sulla carta le idee appaiono più che buone. Bisognerà ora saperle realizzare e implementa­re, sin d’ora consci che non sarà un gioco da ragazzi e che i gatti e le volpi di collodiana memoria – i quali solitament­e si aggirano con proposte mirabolant­i alla ‘campo dei miracoli’ – non mancherann­o neanche questa volta!

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