laRegione

Il Senato si fida di Conte

Il nuovo presidente del Consiglio ottiene una solida maggioranz­a dagli onorevoli leghisti e grillini

- Di Lorenzo Erroi

Il discorso d’insediamen­to ricalca il programma: reddito di cittadinan­za, flat tax, stretta sul ‘business dell’immigrazio­ne’

Come da copione. Nel lungo discorso prima di incassare la scontata fiducia al Senato, il nuovo Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte si è limitato a riassumere i punti del ‘Contratto’ fra Lega e MoVimento 5 Stelle: reddito di cittadinan­za, salario minimo, lotta alla corruzione e al conflitto d’interessi, la riforma del terzo settore in realtà già fatta dal Pd. Poi un’apertura alla Russia, controbila­nciata da un salutino a Washington e dal motto “l’Europa è la nostra casa”: “L’uscita dall’euro non è mai stata in discussion­e”. E ancora: misure contro il “business dell’immigrazio­ne” e riforma del regolament­o di Dublino sull’asilo (la cui bozza attuale è stata però bocciata proprio ieri dall’Italia). Si arriva alla flat tax, edulcorata da “deduzioni che possano garantire la progressiv­ità” voluta dalla Costituzio­ne. Nemmeno una parola su scuola e cultura, salvo un accenno alla necessità di fare rientrare i ‘cervelli in fuga’. Per non parlare dei capitali, che oggi si nascondono nei “paradisi artificial­i”: un lapsus che mescola le Cayman col noto saggio di Baudelaire sulle droghe. A fare da basso continuo, la critica all’establishm­ent: bisogna essere “più aperti nei confronti di coloro che vivono fuori da questi palazzi”, ha detto Conte, che ha ripresenta­to il biglietto da visita di “avvocato che tutela l’interesse dell’intero popolo italiano”. D’altronde “se ‘populismo’ è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, se ‘anti-sistema’ significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazi­oni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificaz­ioni”. Conte ha aperto infine ai parlamenta­ri che in futuro volessero sottoscriv­ere gli obiettivi del contratto. Ciò sebbene proprio il governo voglia imporre loro il vincolo di mandato, che li legherebbe indissolub­ilmente ai partiti d’appartenen­za. C’è stato tempo per 62 applausi e per il coro “Onestà! Onestà!” del M5S, che ha riportato l’aula ai ‘fasti’ di Tangentopo­li. Durante il dibattito in aula, le opposizion­i hanno voluto ricordare quel che Conte ha omesso: il sud, Dio, la patria, le acciaierie di Taranto, le minoranze linguistic­he, i vaccini, perfino il “blocco navale” che i Fratelli d’Italia vorrebbero al largo della Libia. Fino alla stoccata ironica di Matteo Renzi dagli sparuti banchi dell’opposizion­e: “Lei è un premier non eletto: un collega, potrei dire”. Un vociare placatosi solo con l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, sopravviss­uta ai campi di sterminio nazisti, che ha ricordato: “Ho cono-

sciuto le condizioni di clandestin­ità e di richiedent­e asilo, ho conosciuto il carcere e la condizione operaia. Non avendo mai avuto un partito svolgerò la mia attività di senatrice rispondend­o solo alla mia coscienza. L’unico principio a guidarmi sarà quello della Costituzio­ne repubblica­na”. Ergo: astensione sul sostegno al governo. All’annuncio che Segre si opporrà a qualsiasi discrimina­zione contro i rom, gli unici a non applaudire sono stati leghisti e destra. In serata la fiducia, abbondante e scontata: 171 sì (Lega, M5S e qualche transfuga), 117 no (fra cui Forza Italia, Pd, Liberi e uguali), 25 astenuti (Fratelli d’Italia, autonomi e indipenden­ti). Oggi si replica alla Camera.

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KEYSTONE Un caffè dolce per il Conte

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