Il Senato si fida di Conte
Il nuovo presidente del Consiglio ottiene una solida maggioranza dagli onorevoli leghisti e grillini
Il discorso d’insediamento ricalca il programma: reddito di cittadinanza, flat tax, stretta sul ‘business dell’immigrazione’
Come da copione. Nel lungo discorso prima di incassare la scontata fiducia al Senato, il nuovo Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte si è limitato a riassumere i punti del ‘Contratto’ fra Lega e MoVimento 5 Stelle: reddito di cittadinanza, salario minimo, lotta alla corruzione e al conflitto d’interessi, la riforma del terzo settore in realtà già fatta dal Pd. Poi un’apertura alla Russia, controbilanciata da un salutino a Washington e dal motto “l’Europa è la nostra casa”: “L’uscita dall’euro non è mai stata in discussione”. E ancora: misure contro il “business dell’immigrazione” e riforma del regolamento di Dublino sull’asilo (la cui bozza attuale è stata però bocciata proprio ieri dall’Italia). Si arriva alla flat tax, edulcorata da “deduzioni che possano garantire la progressività” voluta dalla Costituzione. Nemmeno una parola su scuola e cultura, salvo un accenno alla necessità di fare rientrare i ‘cervelli in fuga’. Per non parlare dei capitali, che oggi si nascondono nei “paradisi artificiali”: un lapsus che mescola le Cayman col noto saggio di Baudelaire sulle droghe. A fare da basso continuo, la critica all’establishment: bisogna essere “più aperti nei confronti di coloro che vivono fuori da questi palazzi”, ha detto Conte, che ha ripresentato il biglietto da visita di “avvocato che tutela l’interesse dell’intero popolo italiano”. D’altronde “se ‘populismo’ è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, se ‘anti-sistema’ significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”. Conte ha aperto infine ai parlamentari che in futuro volessero sottoscrivere gli obiettivi del contratto. Ciò sebbene proprio il governo voglia imporre loro il vincolo di mandato, che li legherebbe indissolubilmente ai partiti d’appartenenza. C’è stato tempo per 62 applausi e per il coro “Onestà! Onestà!” del M5S, che ha riportato l’aula ai ‘fasti’ di Tangentopoli. Durante il dibattito in aula, le opposizioni hanno voluto ricordare quel che Conte ha omesso: il sud, Dio, la patria, le acciaierie di Taranto, le minoranze linguistiche, i vaccini, perfino il “blocco navale” che i Fratelli d’Italia vorrebbero al largo della Libia. Fino alla stoccata ironica di Matteo Renzi dagli sparuti banchi dell’opposizione: “Lei è un premier non eletto: un collega, potrei dire”. Un vociare placatosi solo con l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, che ha ricordato: “Ho cono-
sciuto le condizioni di clandestinità e di richiedente asilo, ho conosciuto il carcere e la condizione operaia. Non avendo mai avuto un partito svolgerò la mia attività di senatrice rispondendo solo alla mia coscienza. L’unico principio a guidarmi sarà quello della Costituzione repubblicana”. Ergo: astensione sul sostegno al governo. All’annuncio che Segre si opporrà a qualsiasi discriminazione contro i rom, gli unici a non applaudire sono stati leghisti e destra. In serata la fiducia, abbondante e scontata: 171 sì (Lega, M5S e qualche transfuga), 117 no (fra cui Forza Italia, Pd, Liberi e uguali), 25 astenuti (Fratelli d’Italia, autonomi e indipendenti). Oggi si replica alla Camera.