Religioni a scuola: muta il paradigma
Fu nel lontano 2002 che Laura Sadis, allora deputata in Gran Consiglio, propose un corso di (...)
Segue dalla Prima (...) cultura religiosa non confessionale, «organizzato e gestito dallo Stato». Ora quell’idea è diventata realtà. Non è però ancora il momento di trarre un bilancio finale del tortuoso processo di riforma dell’insegnamento religioso in Ticino che cominciò con quell’iniziativa parlamentare. Si può dire però che, dopo il voto del parlamento cantonale dello scorso 29 maggio che ha approvato la modifica dell’art. 23 della Legge della scuola e l’introduzione in quarta media dell’«insegnamento neutrale e non confessionale della storia delle religioni» come materia obbligatoria con statuto ordinario (art. 23 cpv. 2), un altro scoglio sia stato superato. Vi era da tempo l’adesione della Chiesa evangelica riformata, a cui si deve riconoscere il merito di aver compreso prima di altri che l’insegnamento religioso nella scuola pubblica necessitava di un diverso ordinamento. Poi, qualche mese fa, è venuto l’accordo con il Vescovo di Lugano e la rinuncia all’insegnamento confessionale in quarta media. L’insegnamento di contenuto religioso sarà così proposto con due «monorotaie» (per usare un termine polemico che circolava allorché era in corso la valutazione della sperimentazione di storia delle religioni): fino alla terza media l’allievo avrà la facoltà di seguire un insegnamento religioso confessionale cattolico o riformato; nell’ultimo anno della scuola dell’obbligo tutti gli allievi indistintamente seguiranno un «inse- gnamento sulle religioni», come lo definisce il nuovo titolo dell’art. 23.
Riforma compromesso, con un nuovo principio
La riforma è stata presentata come un compromesso. È vero infatti che essa non accoglie tutte le richieste formulate in questi anni per adeguare l’insegnamento al nuovo paesaggio religioso. Tuttavia è bene non ignorare la novità che porta con sé. Il voto del Gran Consiglio sancisce infatti un mutamento di paradigma, avvicinando almeno un poco in questa materia il Ticino alla maggioranza degli altri cantoni. Infatti, per la prima volta nella storia del cantone, l’insegnamento confessionale, facoltativo e affidato alle Chiese riconosciute, è stato affiancato da un insegnamento sulle religioni, obbligatorio per tutti gli allievi, di cui responsabile sarà lo Stato. Forse si dovrebbe dire che il corso obbligatorio ha sostituito (più che affiancato) l’insegnamento confessionale. È quel che difatti accadrà in quarta media a partire dall’anno scolastico 2019/2020. Quel che conta per davvero però è che, confortato dal voto di una larga maggioranza di deputati di quasi tutti i partiti, si è affermato il principio che anche nell’ambito religioso la scuola può svolgere legittimamente il compito di educare alla convivenza civile che il legislatore le ha affidato. È cosa giusta rallegrarsi dell’importante traguardo raggiunto. Per il Ticino ciò costituisce un mutamento di paradigma, che magari potrà sembrare timido perché limitato a un solo anno di insegnamento, ma che introduce comunque un principio nuovo. È giusto rallegrarsene anche per altre ragioni. Una su tutte: la riforma non ha provocato la levata di scudi dei custodi dell’insegnamento confessionale, né tanto meno il ricorso al voto popolare, che invece in passato qualche voce autorevole aveva minacciato. La pace religiosa del cantone è dunque stata preservata.
Assicurare insegnamento effettivamente non confessionale
L’opera però non è ancora compiuta. Cambiata la legge, si tratta ora di realizzarne concretamente i principi. Il messaggio del Consiglio di Stato sottolinea in effetti che, in nome della libertà di coscienza degli allievi e della libertà di educazione dei genitori, sarà necessario assicurare che il nuovo insegnamento obbligatorio di storia delle religioni «sia effettivamente non confessionale». Ciò significa che la trattazione dei contenuti dovrà essere scientifica (conformemente al metodo delle scienze delle religioni e di altre scienze umane), non religiosa. Le risposte verranno dal gruppo di lavoro che a tale scopo sarà istituito dal Consiglio di Stato. Sarà opportuno a tal fine non ignorare quel che è stato. Mi auguro perciò che i membri del gruppo di lavoro sapranno considerare con la dovuta cura le critiche espresse dagli allievi, dai genitori, dagli insegnanti, dagli esperti di materia e dai direttori scolastici, rivolte alla struttura e ai contenuti del programma che fu adottato per la sperimentazione di storia delle religioni tra il 2010 e il 2013 e di cui il Rapporto di valutazione pubblicato dalla SUPSI nel marzo 2014 diede un resoconto fedele.