Tempo di Bur(c)khard(t)
Due artisti dal cognome quasi uguale per due mostre molto diverse, dal padre della scultura moderna svizzera ai corpi e ai paesaggi del fotografo che ha accompagnato l’arte del Novecento
Burckhardt e Burkhard: a dispetto delle poche lettere che distinguono i loro cognomi, il pittore e scultore Carl, nato nel Canton Zurigo nel 1878 e morto a Ligornetto nel 1923, e il fotografo Balthasar, nato a Berna nel 1944 e scomparso una decina di anni fa, sono molto lontani per epoca storica, biografia, forme espressive. Ad accomunarli, il caso che ha voluto che la mostra del Museo Vincenzo Vela di Ligornetto dedicata al primo si sovrapponesse all’esposizione del Museo d’arte della Svizzera italiana sul secondo. Così, invece di farsi concorrenza con due inaugurazioni – e due conferenze stampa – in contemporanea, le due istituzioni hanno deciso di unire le forze con una presentazione comune e l’entrata ridotta a chi visiterà entrambe le esposizioni. «Un messaggio di collaborazione e soprattutto di superamento di alcune paure che si hanno quando si inaugurano due mostre nello stesso fine settimana» ha spiegato in conferenza stampa Gianna Mina direttrice del Museo Vela (e, va ricordato, membro del consiglio di fondazione del Masi). Certo, siamo forse più vicini alla semplice cortesia tra musei che a una stretta collaborazione, ma osiamo sperare si tratti semplicemente del primo passo di un percorso più lungo del quale l’offerta culturale ticinese – ricca e frammentata – ha bisogno.
Rivoluzioni in corso
Si è detto che i due Bur(c)khard(t) hanno poco in comune; tuttavia, forzando un po’ il discorso, possiamo vedere che entrambi vivono un momento di passaggio delle rispettive arti, la fine di un certo modo di intendere la scultura (per Burckhardt) e la fotografia (per Burkhard) e l’inizio di una nuova estetica e di una nuova funzione pubblica dell’arte. Questa dimensione è particolarmente evidente nell’esposizione dedicata a Balthasar Burkhard al livello -2 del Lac
che a partire dai primi scatti realizzati per reportage arriva attraverso la sua attività di “fotografo di corte” della scena artistica internazionale – a fianco, in particolare, di Harald Szeemann – fino ai lavori maturi nei quali la fotografia è quasi un’installazione spaziale. Una evoluzione, del lavoro di Burkhard e più in generale della fotografia, sul quale insiste molto l’allestimento luganese che è una sorta di condensato, curato da Guido Comis e Diego Stephani, della più ampia esposizione del Folkwang Museum di Essen – del quale era direttore,
prima di passare al Masi, Tobia Bezzola – e già approdata al Fotomuseum di Winterthur. Tuttavia, senza nulla togliere alle scelte espositive dei due curatori e alle loro proposte di lettura, la parte più potente della mostra è indubbiamente l’allestimento concepito per il Musée Rath di Ginevra e riproposto al Lac, in cui una serie di fotografie di grande formato di Burkhard viene messa in relazione con le opere astratte di Niele Toroni. Notevole – come tutte le sue opere che indagano il corpo umano – anche la serie di gambe, originariamente esposte a Basilea, che percorrono come colonne i tre lati di una sala. Interessanti anche i paesaggi urbani e naturali ai quali Burkhard si dedica dalla metà degli anni Novanta all’inizio nel nuovo millennio. Fino a delle fotografie di fiori, le uniche a colori dell’esposizione, realizzate poco prima della morte dell’artista e che Guido Comis ha voluto proporre come una sorta di anticipazione funebre in conclusione del percorso espositivo. La mostra “Balthasar Burkhard – Dal documento alla fotografia monumentale” rimarrà al Masi di Lugano fino al 30 settembre. L’inaugurazione avverrà oggi alle 18 mentre domani, domenica, alle 11 il direttore del Masi Tobia Bezzola dialogherà con il già citato Niele Toroni per rievocare la figura di Burkhard, tra memorie private e corrispondenze artistiche. Accompagna la mostra un catalogo in inglese, tedesco e italiano che, oltre a un ricco corredo iconografico e ai contributi di studiosi, raccoglie alcune testimonianze di amici dell’artista.