‘Dovevano bloccarmi’
Rey: in sala operatoria c’era chi sapeva dell’errore, ma perché non mi hanno fermato?
Al centro il chirurgo, da ieri a processo (rinviato) per l’amputazione dei seni alla paziente sbagliata. Difensori Rossi e Galfetti
Controlli alla Sant’Anna dell’Ufficio del medico cantonale quattro mesi prima dell’errore. Accertato il time out in sala operatoria, poi si scopre che la procedura non c’era.
Hanno definito l’inchiesta lacunosa: a loro dire, il procuratore pubblico non avrebbe assunto prove a discarico dell’imputato. E hanno così sollecitato il riavvio delle indagini e dunque il rinvio del dibattimento. Hanno dato battaglia da subito i legali del dottor Rey, gli avvocati Renzo Galfetti e Tuto Rossi, ma le richieste dei due sono state bocciate dal giudice Amos Pagnamenta. Il primo giorno del processo contro Piercarlo Rey – che nel luglio 2014 asportò per un errore d’identità i seni a una paziente alla clinica Sant’Anna di Sorengo e che per questo è stato condannato dal pp Paolo Bordoli per lesioni colpose gravi e falsità in documenti con decreto d’accusa, poi impugnato dal medico – è terminato dopo quattro ore spese tra eccezioni della difesa e decisioni della Corte. Si riprende il 20 settembre. Ma non si entrerà ancora nel vivo della vicenda. Il giudice dovrà pronunciarsi su un’altra istanza dei patrocinatori di Rey: l’interrogatorio in aula di vari testimoni. «Il dottor Rey non era solo in sala operatoria, c’erano altri professionisti che vanno sentiti», ha affermato Rossi. E fra le persone da sentire anche i responsabili della clinica (il legale: «Hanno tenuto per mano il medico ma non si sono mai scottati»). Per il pp Bordoli ciò non è necessario. A sbagliare, per l’Accusa, è stato Rey che prima di operare non verificò l’identità della paziente. Galfetti ha chiesto (invano) di rinviare il processo per raccogliere materiale probatorio a discarico del medico. Il legale ha esibito i risultati dell’ispezione alla Sant’Anna – eseguita 4 mesi prima dell’errore, e durata un paio d’ore – di due funzionari dell’Ufficio del medico cantonale. Sul verbale, ha detto Galfetti, la clinica autocertifica che in sala operatoria si usa il ‘time out’, la procedura di identificazione del paziente che riduce il rischio di errore. In realtà, secondo il legale di Rey, le cose non stavano così, perché dai verbali emergerebbe che al momento dell’errore non c’era una procedura standardizzata di ‘time out’ in sala. Era a discrezione del chirurgo. Inoltre, quel rapporto, per la difesa, sarebbe stato firmato anche da un “medico inesistente designato dalla clinica”. Un’accusa respinta in serata dalla Sant’Anna: «Le persone che hanno incontrato l’autorità di vigilanza erano per ruolo e competenze quelle previste dalla procedura di ispezione». Rossi ha chiesto lo stralcio degli interrogatori fatti a Rey in presenza del suo ex legale Gabriele Massetti. Per Rossi, c’è un conflitto di interessi, perché Massetti è il genero di Fulvio Pelli, nel Cda della clinica. Nessun conflitto, per il giudice, perché Pelli non stava rappresentando la clinica.