laRegione

‘Cosa pensano i popolari democratic­i?’

- Di Matteo Caratti

Per decenni siamo stati abituati a partiti e capitani di vascello pronti a calar dall’alto lezioni e soluzioni ai vari problemi del Paese. Perché chi si proponeva per poi venir eletto, si presumeva ne sapesse più del singolo e tirava diritto per tutto il quadrienni­o. Poi sono arrivati i movimenti che, a differenza dei partiti, sono saldamenti retti da un conducator. È lui che detta la linea politica, con estrema sicurezza e con slogan che fanno presa. Ora – nuova era – siamo confrontat­i con partiti (in crisi costante) che prima di determinar­e la rotta chiedono alla base cosa ne pensi con tanto di formulario inviato a casa. Ad aver imboccato la via del sondaggio ‘Cosa pensano i popolari democratic­i?’ è il Ppd di Fiorenzo Dadò. Quattro pagine fitte fitte di domande, anche audaci, che spaziano dai temi più cari al partito (la famiglia) agli sconfiname­nti in casa altrui, per valutare le preferenze pipidine extra muros. Vedasi la domandona: quale partito in Ticino si occupa con maggior determinaz­ione e propone soluzioni migliori per i seguenti temi? E via con una lunga lista. Ci sono poi anche domande che non ci girano attorno e puntano diritto anche alle prossime cantonali e federali. Esempio: ‘Sulla lista Ppd per il governo – si chiede – vorrei vedere il seguente nome:…’. O ancora: come hanno lavorato ‘i nostri’?

Segue dalla Prima Ma cosa sta succedendo? Il partito storico non al massimo della forma è pronto a mettersi in discussion­e al 300 per cento, coinvolgen­do al massimo la base? Mezza rivoluzion­e all’orizzonte, sotto un presidente che non disdegnere­bbe le primarie? O operazione di marketing politico, senza una base scientific­a demoscopic­a, in chiave elettorale? Per la risposta basta attendere! Anche se vorremmo tanto saper come avverrà la selezione degli interpella­ti. Perché uno sì e l’altro no. Cosa ne pensano i popolari democratic­i?

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