Daraa ancora sotto le bombe
Beirut/Damasco – Una pioggia di bombe dell’aviazione governativa, sostenuta dalla Russia, è piovuta nelle ultime ore sulla regione di Daraa, nel sud della Siria al confine con la Giordania. Le guerre non sono finite solo perché trascurate dai notiziari. Anzi, molto spesso, l’oblio mediatico è lo schermo che più efficacemente copre le azioni più cruente o inconfessabili. Secondo fonti non confermate, i morti sotto il bombardamento sarebbero trenta, mentre agenzie umanitarie riferiscono di almeno 15mila civili in fuga. Dopo diversi mesi di apparente calma, i raid aerei hanno ripreso a colpire la città di Daraa, capoluogo della regione da anni fuori dal controllo di Damasco, in mano a miliziani locali a lungo sostenuti da Amman, Riad e Washington. Sostenuti un tempo, ma ora non più, in virtù di un accordo raggiunto con la Russia e, indirettamente e separatamente, con Iran e Israele. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), i bombardamenti aerei hanno preso di mira anche ieri le località di Laja e Busar al Harir, a nord-est di Daraa. Ma anche la città stessa, divisa in due parti tra insorti e governativi, per la prima volta dal 2017 è stata colpita ripetutamente. L’agenzia governativa Sana ha smentito che le forze di Damasco abbiano colpito i civili, accusando piuttosto i “terroristi” (sotto la cui denominazione vanno tutti i ribelli) di intimidire e colpire a loro volta le comunità della zona. Mosca, stretto alleato del governo, ha parlato di “attacchi di terroristi” della Jabhat al Nusra, l’ala siriana di al Qaida, presenti tra Daraa e Qunaytra. E proprio al Nusra ha criticato nelle ultime ore il fatto che alcune milizie delle opposizioni hanno scelto di arrendersi all’offensiva governativorussa a nord di Daraa.